La 40ma edizione del Bergamo Film Meeting dedica la sua tradizionale retrospettiva a Costa Gavras. Oltre ai suoi film (praticamente tutti, compreso il corto I falliti del 1958), è prevista una pubblicazione a corredo e la sua presenza al primo weekend d'apertura, il 26 e 27 marzo.
Kostantin Gavras (1933), che noi conosceremo col nome d'arte di Costa Gavras, arrivò a Parigi, senza soldi ma determinato a raggiungere il fratello studente universitario, il 5 ottobre 1955, dopo un viaggio – faticoso e complicato – dal Pireo a Brindisi in 18 ore di battello e poi altre 30 ore di treno sino alla Gare du Lyon. Quella piccola Odissea se la ricorderà 10 anni dopo, alla sua prima regia, il polar Vagone letto per assassini, in cui regala al clandestino Jacques Perrin parecchi dei suoi ricordi e sensazioni. Lì, alla Sorbona, incontrò il cinema praticamente subito, frequentando la Cinemateque françoise, suo «luogo di conoscenza e passione».
Come scrive nel suo libro di memorie Va là où il est impossible d'aller, il padre gli disse, a sei anni, una frase che in qualche modo lo definisce: «Tu sei uno che combatte, tu vuoi sapere il perché». A ben sintetizzare, tutto il suo cinema nasce così, dall'indignazione civile e quindi dalla volontà di darsi delle risposte.
Ripercorrendo la sua filmografia, produttivamente sparsa tra Francia (e coproduzioni) e la Hollywood post 80, a parte due o tre eccezioni “extrafilone” che poi ricorderemo, tutti i suoi film nascono da uno sforzo di drammatizzare/spettacolarizzare questioni cardine della realtà sociopolitica in cui siamo vissuti e viviamo, magari con l'aggiunta di suggestioni narrative tratte dal cinema poliziesco. Parafrasando il titolo di un fondamentale libro di Fofi, diremmo che il suo è un «capire con il cinema».
Questo da Il tredicesimo uomo (1967), melange tra genere bellico e impegno sulla presenza di un “estraneo” tra i partigiani liberati da un commando in Francia, al suo ultimo lavoro, Adults in the Room (2019), partecipata cinecronaca degli sforzi del ministro ellenico dell'economia Yanis Varoufakis per resistere alle manovre soffocanti dell'Europa.
Del 1969 è il suo film più celebre, Oscar per il film straniero e premio della Giuria a Cannes, Z l'orgia del potere, ovvero tecniche e strategie per organizzare un colpo di stato di destra, controbilanciato da La confessione (1970), storia vera delle repressioni indiscriminate nei regimi dell'Europa dell'Est. L'Amerikano (1973) è un duro atto d'accusa contro la politica statunitense nei confronti dell'America Latina, mentre L'affare della sezione speciale (1975) ricorda l'illegalità ignobile sotto l'occupazione nazista delle Francia, e Missing - Scomparso (1982), secondo titolo celeberrimo della sua filmografia (Palma d'Oro a Cannes e Oscar per la sceneggiatura) e primo realizzato con capitali e divi americani, porta sugli schermi la spietata repressione del regime militare di Pinochet in Cile.
Hanna K (1983) è un dramma psicologico giudiziario su una avvocatessa israeliana che difende un palestinese accusato di terrorismo, e Betrayed – Tradita (1988), seconda escursione americana, è un poliziesco su una agente dell'FBI che si infiltra in un gruppo eversivo parafascista e razzista.
Il seguente Music Box - Prova d'accusa (1989, Orso d'Oro a Berlino) segue l'iter giudiziario di un uomo dalla vita sin lì serena e appagante, accusato di essere stato un criminale nazista nel suo passato, mentre La piccola apocalisse (1992) è un bizzarro dramma grottesco sullo spettacolo di un suicidio “organizzato” in piazza San Pietro per denunciare la politica dell'Occidente.
Mad City (1997), ancora, s’interroga invece sulle responsabilità della stampa nella costruzione-falsificazione delle notizie, e Amen (2002), da un noto testo teatrale che fece all'epoca scandalo, lo fa sulle reticenze del Vaticano sui campi di sterminio.
Cacciatore di teste (2005) trasforma in thriller il dramma sociale della ristrutturazione delle aziende e Verso l'Eden (2009) è l'Odissea di un clandestino per riuscire a integrarsi in Occidente. Le Capital (2012), infine, segue la spregiudicata scalata ai vertici del potere finanziario di uno scaltro impiegato di banca.
Come si vede, non ci sono temi leggeri o disimpegnati, a parte le due eccezioni a cui si accennava: il sentimentale Chiaro di donna (1979) e la commedia criminale Consiglio di famiglia, 1985).
Il fantastico, il meraviglioso o il grottesco non appartengono alla poetica di Costa Gavras, così come i trucchi e gli effetti ad alterare il realismo della messinscena. Il suo è “giusto” un cinema al servizio della conoscenza, poderoso e impeccabile, civile e razionale.