Franco Maresco ha cominciato la sua carriera di filmaker realizzando filmati sul jazz assieme a Daniele Ciprì per la TVM, televisione palermitana. Una passione che affiora spesso nella sua filmografia di impeccabile “eccentrico” del cinema italiano e che ora si riconcretizza in Lovano Supreme (presentato a Locarno e ora a Filmmaker). Ulteriore capitolo della sua saggistica per immagini dedicata ai grandi musicisti magari siculo-americani, dopo Noi e il Duca – quando Duke Ellington suonò a Palermo (1999) e Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz (2010), ora è il turno di Joseph Salvatore Lovano, meglio noto come Joe, 71enne sassofonista, tra i più grandi che abbiano ripreso e meditato la magistrale e rivoluzionaria lezione di John Coltrane.
L'occasione è quella creata dallo stesso Maresco che documenta così l'invito all'artista a ricordare le musiche di “Trane” in un concerto a Palermo nel 2017 a 50 anni dalla scomparsa (in effetti il titolo del film è un arguto gioco di parole tra il cognome e quello che è uno dei vertici dell'intera musica del XX secolo, A Love Supreme). Un invito che Lovano raccoglie più che volentieri. Primo perchè nel suo repertorio compaiono spessissimo le composizioni di Trane, vedi la sua discografia che comprende anche un intero volume dedicato interamente al maestro e realizzato in coppia con Dave Liebman, Compassion -the Music of John Coltrane. Secondo, perché il sassofonista siculo-americano, varcati i settanta, ha espresso il desiderio di vedere i luoghi nativi da cui i suoi nonni sono partiti, Alcara Li Fusi e Cesarò.
Come uno scorrevole diario a punta di penna stilografica di limpido inchiostro, il film documenta tutto questo, aggiungendovi a spiega, con voce fuoricampo di Maresco, praticamente i sommi capi della biografia di Lovano, della storia del jazz metropolitano newyorchese con epicentro il Village Vanguard e le relazioni tra i musicisti: se Lovano non ha mai avuto inevitabilmente occasione di suonare con Coltrane, in compenso ha lavorato tanto con il figlio Ravi, ottimo sassofonista (e lo incrociamo nel filmato in un più che cordiale incontro con Joe che gli dice “avresti dovuto suonare tu a Palermo e non io”), ma soprattutto con Rashied Ali, sublime e tellurico batterista e partner di Trane negli ultimi anni di carriera.
I momenti più forti di Lovano Supreme sono peraltro quelli emotivi, come quando il musicista incontra i parenti italiani che non aveva mai conosciuto, quando tiene una master class a scuola, quando suona con la banda di Cesarò e quando improvvisa una sinuosa melodia nella casa del maestro a Dix Hills N.Y., e l'inquadratura lo coglie non casualmente con la copertina di A Love Supreme appoggiata al muro. Per il resto, assaggi di un concerto che si intuisce molto partecipato, scampoli di storia del jazz declamati da Maresco, necessari per il pubblico dei profani e che agli esperti suoneranno inevitabilmente come didascalici (anche se accompagnati da interessantissime immagini d'archivio).
Un documentario che si fa apprezzare e vedere con simpatia, su cui paiono sempre aleggiare le parole riportate quasi all'inizio di Ornette Coleman (altro titano del sax): “Il jazz è forza vitale. È una espressione della tua vita, il suono è il tuo approccio alla musica e alla tua relazione con lo strumento. È una combinazione di tutte le esperienze fatte nella vita e, in quanto musicista, come si possa trasmettere tutto questo col tuo strumento”.