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Il titolo riprende un fantasioso neologismo creato da Carlo Emilio Gadda per La cognizione del dolore, infatti a inizio film sentiamo un estratto specifico letto da Elio De Capitani. In realtà banzavòis vuol significare il granoturco, la nutritiva pianta che riesce a crescere anche in terreni non propriamente fecondi. In questo modo Lorenzo Casali ci introduce alla conoscenza di quella porzione di territorio di Saronno sino a 30 anni fa ancora vivo del clangore della fabbrica di motori (dal 1900 al 1949 lì ad esempio sorse lo stabilimento della Isotta Fraschini, uno dei più prestigiosi marchi automobilistici del passato: e al cinefilo ad esempio può interessare che quella era la vettura extralusso di Norma Desmond in Viale del tramonto!), poi abbandonato e divenuto a suo modo un lussureggiante ecosistema di rovine e verzura, e ora teatro di un'opera di bonifica-riqualificazione.

In un fluire unico e visualmente affascinante di immagini, fotografie, testimonianze, nel documentario convivono suggestioni e riflessioni su piani diversi. Da una parte, ad esempio, la macchina da presa esalta la flora attecchita spontaneamente come una esotica foresta di robinie, arbusti e rampicanti, e uno studioso dell'ambiente ci spinge a riflessioni molto profonde sul rapporto tra natura e noi (“uno sviluppo libero della vegetazione, un ecosistema povero e in via di sviluppo sulle strutture costruite dall'uomo”); da un'altra si esalta (e viene in mente, chissà perchè, Tarkovski) nel cogliere la bellezza anche nei detriti e nelle rovine, tra formiche e magici quadri notturni, squarci di materia e minerali che diventano ai nostri occhi composizioni artistiche. Da una terza, infine e non secondariamente (anzi!), sottolinea con partecipato orgoglio che la fabbrica - meglio: le fabbriche della zona - ha visto lavoro, progresso e lotta politico-sociale, durante il fascismo (con molti operai che si rifiutarono di prendere la tessera), la Resistenza (con la pratica del sabotaggio alle bombe che vi si fabbricavano, comprese le V2) e le battaglie sindacali per la sopravvivenza della stessa, sotto attacco della Finmeccanica sino alla chiusura intorno al 1990 (in quel momento vi lavoravano 500 persone con i conti in pareggio!). Ora, anni 2020-2022, come la circolarità di un ritorno, altri uomini di un'altra generazione stanno ripulendo il terreno, inquinato da idrocarburi e amianto, per futuri riutilizzi e a farne le spese, come ci suggerisce la cinepresa con una nota di inevitabile malinconia, è l'ecosistema che lì era nato e cresciuto, ora vittima impotente di altri progetti e programmi.

Lorenzo Casali è un filmaker con all'attivo vari lavori, alcuni in coppia con Micol Roubini (Arrange Your Rocks Naturally, Watna). La sua passione/specializzazione è chiaramente la fotografia e in Banzavòis sembra essersi particolarmente entusiasmato, raggiungendo spesso la dimensione elegiaca di una sinfonia per immagini, tra natura, grafici (in effetti più “belli” che esplicativi) e inquadrature di studiata composizione. Lo aiuta, nella resa emotiva, una colonna sonora elettronica (a volte di musica industriale) suggestiva e pertinente creata dal gruppo The Selva. Insomma, un lavoro poeticamente emozionante da vivere con gli occhi e la coscienza sociale spalancati.