Dopo il suo Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo (Bietti, 2019) Barbara Rossi ritorna sull'argomento concentrando questa volta il discorso sull'opera-vita/opera-mondo del regista tedesco, quell'Heimat che, a partire dai primi 11 film distribuiti nel 1984, si è progressivamente ampliata con i 13 di Heimat 2, i 6 di Heimat 3 e i successivi Heimat-Frammenti: le donne e L'altra Heimat – Cronaca di un sogno: un lungo viaggio non solo creativo ma anche personale – dell'autore, dei suoi personaggi e dei loro interpreti – nella memoria, individuale e collettiva, ma anche nella complessa relazione tra arte e vita nonché nella Storia riletta e narrata (con tutte le implicazioni inerenti al rapporto realtà/finzione che l'atto del narrare si porta dietro) dal punto di vista dei singoli in essa coinvolti.
Un ritorno sull'argomento, questo nuovo Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz – edito da Petite Plaisance – che si configura in una interessante struttura poliedrica. Oltre al saggio di Barbara Rossi, “Recitare il tempo: la dimensione attoriale nella saga di Heimat”, che dà ragione della irrepetibilità di un'esperienza estetica in cui «il tempo della vita e il tempo della storia giungono a coincidere e a sovrapporsi», troviamo infatti un'introduzione al volume a firma Cristina Jandelli su “Gli attori di Heimat”, che invita a cogliere nel lavoro di Reitz la «sperimentazione del corpo attoriale come durata o, meglio, come materiale sia disciplinabile che resistente all'azione del tempo». Sezione essenziale del volume è dunque quella a seguire il saggio di Rossi, costituita dai quattro dialoghi rispettivamente con Edgar Reitz, Salome Kammer (protagonista femminile di Heimat 2 e Heimat 3), Henry Arnold (protagonista maschile delle medesime parti del ciclo), Marita Breuer (la Maria di Heimat e Margarethe in L'altra Heimat). La postfazione di Sergio Arecco, “Il racconto che non finisce di finire”, si rivela di fatto un articolato e approfondito intervento di analisi narratologica che spazia attraverso la saga reitziana confrontata al tema dell'Heimatfilm e con l'opera del documentarista della DDR Winfried Junge, per certi versi assimilabile ai medesimi riferimenti storici.
Ultimo contributo è quello di Michele Maranzana, “Reitz e la macchina del tempo: appunti per un itinarario filosofico”, che affronta e sviluppa l'aspetto filosofico sotteso al tema del tempo così come va configurandosi nel susseguirsi delle vicende e nella dialettica vita/narrazione, espressa con grande consapevolezza dallo stesso Edgar Reitz a proposito della propria vocazione di cineasta e del progetto-Heimat; spaziando tra riferimenti ad Aristotele, Agostino, Heidegger, Deleuze, Bodei (per citarne solo alcuni) il saggio di Maranzana aggancia poi il concetto di Heimat per esplorarne i risvolti heideggeriani storicamente (e politicamente) regressivi, confrontandone il pessimismo radicale con l'apertura all'utopia e alla speranza contenuta nel pensiero di Ernst Bloch, su cui si conclude il testo. Se giustamente si può definire la saga di Heimat come un' “opera-mondo”, è del tutto ammissibile, anzi indispensabile, confrontarvisi sviscerandone i suggerimenti che permettono la costruzione di un discorso filosofico capace di modularli in un percorso che renda ragione del suo spessore culturale, al di là dell'elemento immediatamente cinematografico che ne costituisce comunque il nutrimento primario. E bene ha fatto Barbara Rossi a prevedere per questa seconda parte del suo dittico reitziano un contributo in tal senso.
Come si può ben capire, la molteplicità delle voci (appunto) che dà forma e profonda motivazione a questo secondo capitolo della ricerca condotta da Barbara Rossi sul lavoro di Reitz fa del volume un contributo fondamentale alla conoscenza del medesimo e ne rende appassionante la lettura. Utilizzando le parole di Rossi in un'intervista, «direi che l’opera cinematografica di Edgar Reitz, specie quella espressa nel ciclo di “Heimat” va ben oltre il cinema stesso, come io stessa ho scoperto strada facendo: si inoltra nei territori della storia europea e mondiale contemporanea, della filosofia, dell’epica e del mito, della grande tradizione narrativa europea del tardo 800’ e dei primi del 900’»; si coglie con precisione la motivazione intellettuale che ha sostenuto il disegno complessivo del volume e la felice combinazione di punti di vista in grado di stimolare l'interesse di lettori cinefili, ma non solo.