Maurizio Zaccaro è un navigato uomo di cinema (e di televisione, con gran successo) che ha sempre mostrato mano e inventiva sicura lavorando su storie realistiche e nella drammatizzazione di problematiche sociali. Il suo film più importante e conosciuto è Un uomo per bene (1999), partecipata ricostruzione del caso Tortora, anche se spicca nella sua filmografia un debutto, con sceneggiatura di Pupi Avati, Dove comincia la notte (1991), in cui mostra un certo penchant per atmosfere mistery, quasi fantastiche.
Nella sua seconda opera di narrativa, dopo Bleu (2017), questo suo lato “segreto” viene riportato alla luce, con bell'esito. Perché Sotto il sole (sottotitolo: Racconti di uomini, animali e ombre), edito da Vallecchi, è una esplorazione in dodici racconti sul tema del “dopo morte”, visto però dalla parte dell'anima e delle umane sensibilità, piuttosto che non le stereotipizzazioni orrorifiche del genere. Siamo nel ponte che porta dal mondo visibile al mondo invisibile e i trapassati (che non sempre ne sono coscienti, almeno all'inizio) trovano conforto nei loro affetti precedenti, conservando ricordi e natura, magari tentando contatti che si risolvono in un soffio di brezza, ora gelida ora tiepida.
Lo spavento qui non trova spazio e neppure il macabro o il crudele, se c'è vendetta (accade in La volpe rossa), sembra più un atto dovuto che non una maledizione. Ma non è solo una prerogativa umana la persistenza spirituale (in attesa, non si sa quando, di un ulteriore passaggio). Diafani (a parte qualche anima umana prava circondata da un'aura nerastra, simile a “quarzo nero”), e coerenti con il loro carattere in vita, cani, gatti, topi, volpi si aggirano, comunicando tra loro e soprattutto con gli umani.
Ora dolcemente dolenti, ora umoristici, quasi sempre con un piccolo twist finale a dar altre prospettive alla vicenda, i dodici racconti ci invitano così a non disperare, ad accettare l'ineluttabile. Perchè, come scrive altrove Zaccaro, presentando il libro “C’è un soffio vitale nell’uomo che costituisce la sua parte immateriale ma anche il centro del pensiero, del sentimento, della volontà, della stessa coscienza morale. Si chiama anima e ogni anima, anche se non avrà più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole, è immortale”.
Questo abito morale e filosofico è il motore e il fine di queste novelle. La scrittura piana e scorrevole dell'autore evita le acrobazie linguistiche, le immagini truculente, ogni sospetto di spettacolarizzazione pulp, anche quando c'è in ballo una faida tra famiglie o ci si trova tra i loculi o nei laboratori degli obitori. C'è speranza sempre e pietas ovunque, persino quando si concede divertimenti particolari, ad esempio nella scelta dei nomi dei protagonisti.
Un po' come accade spesso nei personaggi dei film di Marco Bellocchio, qui la gente comune, porta a volte nomi buffi (e insinuanti) anche se plausibili: Emilio Terrasanta (tecnico “truccatore” alle onoranze funebri, meglio dire: tanatoprattore in La dimensione dell'ombra); il colonnello Cesare Bonasorte (vedovo di L'ottavo piano che si ritrova con un appartamento un po' affollato); Demetrio Lixi ( “pianista talentuoso anche se un po' svagato” in Pour piano seul); l'obeso Giuliano Canal o la vicina di loculo Teresa Ognissanti (in Extra size) e così via, in una commedia umana che prosegue oltre la vita.