Chi l’ha detto che si diventa grandi solo una volta? O che l’età giusta per crescere sia soltanto una? A Date for Mad Mary racconta di come la strada verso l’adultità sia un cammino a ostacoli che può essere percorso avanti e indietro innumerevoli volte e che non è mai troppo tardi per mettersi in discussione, cambiare e provare a prendere in mano la propria vita.
Opera prima del regista irlandese Darren Thornton, il film racconta di Mary, una ragazzona di Drogheda – città industriale a nord di Dublino – che, appena finito di scontare una pena in carcere per aggressione, deve fare la damigella d’onore al matrimonio della sua migliore amica: Charlene. I rapporti con Charlene e gli altri membri della comunità – comprese la madre e la nonna – però sono ormai deteriorati e il carattere impulsivo, antisociale e infantile di Mary rendono il suo reinserimento quasi impossibile.
Costruito come il più classico dei coming of age il film di Thornton ha il merito di non soffermarsi sui luoghi comuni e sulle banalità tipiche dei racconti di formazione. Innanzi tutto sceglie una protagonista che ha ampiamente superato l’adolescenza e si avvia verso la trentina, e poi le dipinge intorno un mondo all’interno del quale non è difficile sentirsi fuori posto, esclusi e in cui chiunque al suo posto farebbe fatica a stare. Le fragilità dei familiari più stretti, il disinteresse degli amici e l’ossessione per la vita borghese di Charlene non fanno che convincere Mary che tutto e tutti siano contro di lei, che la vita le abbia voltato le spalle e che in fondo a essere sbagliati siano tutti gli altri.
Nonostante tutto questo però il merito del film è quello di non voler raccontare né una storia di ribellione né una parabola di normalizzazione. Ma bensì, come si diceva, il passaggio verso la maturità. Che per Mary significa fare i conti con se stessa prima che con gli altri. Significa confrontarsi con i cambiamenti senza pensare necessariamente che siano ostacoli, trappole o insidie che le vengono lanciate addosso. E anche quando gli altri sembrano non capirla, respingerla, abbandonarla lentamente la ragazza si scrolla di dosso la rabbia e l’avversione per ciò che non va e non è come dice lei. Diventare grandi significa capire che le persone cambiano e se non ci somigliano più vanno semplicemente lasciate andare e comprese per quello che sono: anche quando la tua famiglia non ti protegge più dal mondo esterno, quando le persone con cui sei cresciuto non fanno altro che giudicarti e quando persino la tua migliore amica è diventata una vera stronza.
Ma crescere significa anche imparare ad amare mettendo in gioco i propri sentimenti in maniera schietta, senza ricatti, sotterfugi o doppiezze. E la relazione con Jess – apparentemente un po’ fuori dal mondo, diversa e bizzarra come Mary – è di fatto la chiave di volta che fa uscire la protagonista dal suo torpore e dal suo modo di vivere e affrontare la vita «come fanno i bambini», come le dice Jess stessa. Per scoprire all’improvviso che non è la persona che gli atri si aspettano che sia e nemmeno la negazione di quest’ultima. Ma un individuo nuovo.