Orfeo discende agli inferi per riportare in vita l’amata Euridice. Commossa dalla forza del suo desiderio, Persefone, sposa di Ade, acconsente, ma solo a condizione che nell’ascendere l’eroe non si volti indietro a guardarla prima di rivedere la luce del sole. È al celebre mito narrato da Ovidio che si ispira l’installazione di realtà virtuale Eurydice, a Descent into Infinity di Celine Daemen.
L’esperienza immersiva in 6DOF è realizzata in fotogrammetria e rielaborata in CGI con un’estetica point cloud che caratterizza tanti lavori recenti che si avvalgono di questa tecnologia per restituire l’impressione dei volumi senza avvalersi di una texture fotografica per la resa delle superfici. In una nebbia di punti sospesi nel buio appare una figura umana dai tratti femminili. Non appena ci avviciniamo però, essa svanisce. Ma ecco che una porta ci invita ad iniziare la nostra catabasi e camminare inseguendo un’ombra che sempre ci sfugge. Discendiamo nell’oscurità verso le profondità degli inferi.
Per accompagnare il movimento della discesa, l’opera combina un sapiente uso del tracking dei movimenti dell’utente per compensare gradualmente l’effetto visivo della discesa, e un setting multisensoriale, essenziale ma estremamente efficace: il pavimento dell’installazione interamente coperto di ghiaia attutisce i passi e aiuta ad equilibrare la discrepanza tra spazio fisico e virtuale. Il risultato è sorprendentemente fluido e al contempo poetico. La gravità si fa più lieve – non stiamo veramente andando verso il basso – e il nostro corpo ci appare più leggero, quasi come se, a mano a mano che scendiamo, perdesse la sua materialità per trasformarsi in uno spirito. Anche il trattamento sonoro contribuisce alla costruzione dello spazio immersivo, oscillando tra un leggero sciabordio e il crepitio della brace, ma anche tra rumore del mare e white noise, e riesce così stranamente a evocare ad un tempo gli elementi dell’aria e dell’acqua.
Il labirinto di cunicoli che percorriamo si interrompe a tratti per lasciar emergere precipizi vertiginosi. Talvolta i passaggi si fanno stretti, ripidi e strapiombanti. Ci fermiamo sul limitare. Siamo attirati dal vuoto e continuiamo a discendere. Ma ogni fruitore interpreta creativamente quest’opera interattiva. Possiamo proseguire in una discesa infinita, come suggerisce il sottotitolo dell’opera, oppure sostare sull’orlo del baratro assaporando il dubbio, o ancora provare a fare ritorno alla superficie, cercando forse, come Orfeo, di non voltarci, per poter salvare Euridice.
La sensazione della vertigine, su cui fa leva il design dell’esperienza di Eurydice, è non solo un motivo caro al cinema – basti pensare alla celebre soggettiva di La donna che visse due volte in cui Hitchcock combinò zoom e travelling per rendere la sensazione del vuoto – ma è un tema classicamente esplorato dalla creazione contemporanea in realtà virtuale. Pur consapevole della natura illusoria dello spazio che ci circonda, il nostro cervello è ingannato e reagisce come se si trovasse in presenza degli stessi elementi nello spazio fisico, secondo quella che i neuropsicologi descrivono come place illusion. In poche parole, il precipizio è virtuale, ma le mani ci sudano veramente.
Tuttavia, l’opera dello Studio Nergens trasforma la sensazione fisica della vertigine in una meditazione spirituale. Che cos’è la vertigine? Non come spesso si crede la paura di cadere, ma, come scriveva Kundera in L’insostenibile leggerezza dell’essere, “la voce del vuoto sotto di noi che ci attira”. La paura si allenta e possiamo abbandonarci all’attrazione delle profondità del nulla per scoprire dove ci porta questo desiderio. Come nella tradizione dell’opera lirica come opera d’arte totale, che influenza profondamente il lavoro della regista, l’installazione riattraversa il mito dandogli una nuova forma multisensoriale. Il racconto rimane fuori campo, ma si insinua nell’esperienza nutrendo di suggestioni intermediali la performance dell’utente. Nell’antichità Orfeo simboleggiava il poeta per eccellenza e Euridice l’anima che l’arte è in grado di incantare. Con opere come Eurydice il nuovo medium mostra di saper incantare non solamente i nostri corpi ma, proprio attraverso di essi, anche le nostre anime.