It’s no time to make a change / Just relax, take it easy
Iniziava così Father and Son, uno dei più grandi successi di Cat Stevens, il cui titolo è identico a quello scelto dalla distribuzione italiana per il nuovo lungometraggio di Hirokazu Kore-Eda (in originale Soshite chichi ni naru, ovvero “e poi si diventa padri”).
Vincitore del Premio della Giuria all’ultimo Festival di Cannes, il film ruota attorno a una giovane coppia benestante, con un bambino di sei anni di nome Keita, la cui vita verrà sconvolta da una telefonata improvvisa: l’ospedale dove è nato il piccolo li avverte che c'è stato un involontario scambio di neonati e il loro erede biologico abita con un'altra famiglia, dal tenore di vita nettamente inferiore.
Dopo aver indagato l'universo infantile in I Wish (2011), Hirokazu Kore-Eda si concentra questa volta sul ruolo dei genitori, sui loro dubbi e su una questione “morale” (il richiamo del sangue contro l'affetto e l'educazione dati a Keita), a cui sembra impossibile trovare una soluzione.
Il regista nipponico tratta una materia particolarmente complessa con stile delicato e rigoroso, curando ogni singolo dettaglio, dal primo all'ultimo minuto, senza mai cadere nelle insidiose trappole retoriche presenti sul percorso.
Dimostrando che quello giapponese è ancora oggi uno dei cinema più umani (nell’accezione più ampia possibile del termine), Father and Son riesce a commuovere e toccare corde profonde, soprattutto in una sequenza conclusiva dal fortissimo impatto emotivo: non è il momento giusto per fare dei cambiamenti come, casualmente, suggeriva Cat Stevens.
Ryota Nonomiya è un carrerista che pensa solo al suo successo professionale. Quando scopre che quello che crede suo figlio in realtà non lo è perchè scambiato per un errore con un altro bambino al momento della nascita si troverà a dover affrontare la scelta più difficile della sua vita.