Il titolo dice tutto: Entre les murs, dentro i muri. Quello di Laurent Cantet, infatti, non è un film sulla scuola ma un film nella scuola. Dentro una classe, dentro le vite di un gruppo di adolescenti difficili come gli altri, forse un po' più degli altri. Fuori, invece, c'è la periferia di Parigi, il ventesimo arrondissement.
È qui che François Marin, giovane professore di Lettere, celebra i riti che sanciscono l’inizio di un nuovo anno scolastico: dapprima si intrattiene in compagnia dei colleghi, poi prende posto dietro la cattedra, al cospetto della turbolenta terza media che dà il titolo - nella versione italiana - alla pellicola. La realtà che gli si para davanti è sfaccettata e multietnica come da noi se ne vedevano poche, fino a qualche anno fa: trovare uno studente dai tratti caucasici è quasi un'impresa, in una classe popolata da espressioni e vicende tanto eterogenee.
Per comprenderle meglio, non resta che accompagnare il docente e i suoi allievi attraverso l’intero arco di un anno che si rivelerà ricco di insegnamenti ed errori, entusiasmi e incomprensioni, vittorie e sconfitte, in un crescendo che culmina con l’ultimo suono della campanella.
È proprio nel curioso paradosso di Entre les murs che risiede tutta la sua forza: l’immediatezza e la naturalezza che scaturiscono dal piglio documentaristico e dall’(apparente, ovvio) assenza di filtri tra protagonisti e spettatori sembrano scontrarsi con la difficoltà - almeno per alcune fasce di pubblico meno avvezze e smaliziate - di apprezzare una pellicola che evita di “farsi bella” a tutti i costi.
Nessuna colonna sonora (bastano le voci dei ragazzi, i rumori ambientali, le sfuriate degli insegnanti), nessun trucco o effetto speciale, così come la spiccata propensione a indugiare in situazioni del tutto quotidiane o addirittura noiose (le riunioni dei docenti) fanno del film un raro gioiello creato per chi ha la pazienza di fermarsi ad ascoltare, a pensare, con calma.
È fra il chiasso dell'aula e il silenzio della riflessione che si misura la grandezza della prova di Cantet, lì nell'interstizio dove s'incastrano preziose briciole di realtà, non più soltanto di cinema. Dove non ci sono né vincitori né vinti (leggi: promossi e bocciati), né persone né personaggi (gli attori sono normali studenti formati da una serie di incontri col regista) ma solo il gusto di assaporare uno spaccato di vita autentica e di situazioni che ormai, anche nei licei del nostro paese, diventeranno - ce lo auguriamo - sempre più normali.
In attesa di Cannes 2014, rievochiamo alcuni dei film che abbiamo amato di più tra i vincitori della Palma d'Oro (e del Grand Prix). Racconteremo, tra gli altri, Il Gattopardo di Visconti, Cuore Selvaggio (Wild at Heart) di Lynch, Vite vendute (Le salaire de la peur) di Clouzot, La classe-Entre les murs di Cantet, Lo spaventapasseri (Scarecrow) di Schatzberg, Breve incontro (Brief Encounter) di Lean, L'albero degli zoccoli di Olmi, Elephant di Gus Van Sant, Barton Fink dei Coen...