Se lo scorso anno i film migliori del concorso veneziano (Birdman e il piccione) esplicitavano con chiarezza la propria “grandezza” (l’esplosivo virtuosismo della macchina da presa e dei dialoghi in un caso, l’unicità del marchio autoriale nell’altro), quest’anno alcuni dei film più intelligenti e originali del concorso veneziano sembra si debbano trovare sotto una scorza di (apparente) mediocrità.
È il caso di L’hermine, che qualcuno potrebbe giudicare come una scialba commedia francese, e di Remember, che lo spettatore distratto potrebbe scambiare per una specie di anonimo tv movie da trasmettere nel Giorno della memoria. Qualche eccesso di sottolineatura musicale (l’orchestra che entra sul tema di Mendelssohn al piano o che enfatizza l’abbraccio con l’uomo che era stato internato ad Auschwitz perché omosessuale) sembrerebbe in effetti condurre verso questi territori, ma la qualità della sceneggiatura – scritta da un esordiente (Benjamin August) – è fuori di dubbio. La regia, d’altra parte, ha modo di riscattarsi in alcune sequenze molto riuscite, come quella del terzo Rudy Kurlander, una sorta di grottesca ricostruzione in miniatura del terrore di un campo di concentramento.
Riguardo allo script, è difficile in realtà parlare delle sue qualità, dato che uno dei suoi pregi maggiori emerge in occasione di una sorpresa che – per rispetto degli autori e degli spettatori – non è possibile rivelare. Si può però dire che queste qualità non risiedono solamente nella precisione professionale con cui riesce a rendere plausibili i passaggi più inverosimili, così che il suo “mondo costruito” risulti senza falle (e non era per nulla facile, avendo a che fare con vendette compiute da novantenni afflitti da demenza senile e in fuga dall’ospizio).
La qualità dello script sta soprattutto nell’intelligente paradossalità – l’esecuzione degli ordini, suprema giustificazione dei carnefici, è qui messa in campo in modo molto sottile – su cui è interamente giocato (sino a trovare il proprio compimento proprio nel twist finale) e nei tocchi di azzeccato umorismo nero che lo punteggiano.
Grazie a questa impostazione, Remember affronta un tema delicatissimo e controverso (la memoria e la sua intrinseca fragilità, il confine tra giustizia e vendetta) rendendo lo spettatore partecipe dall’interno della sua problematicità e adottando un punto di vista ben lontano dalla convenzionalità dei tv movies con cui lo si potrebbe erroneamente scambiare. L’empatia del protagonista coi bambini ha qui un ruolo centrale ed è soprattutto in questo elemento che va cercata una chiave di lettura: la scena in cui la bambina legge la lettera (ma, particolare importantissimo, non la sua parte centrale sull’assassinio, che è affidata invece al vecchio Max/Martin Landau) è in questo senso decisiva.