C’è qualcosa di incredibilmente forte, nel cinema di Xavier Dolan. Qualcosa a cui il suo autore deve tenere molto, moltissimo, al punto di lasciare che lo spettatore ne venga completamente travolto, quasi senza preavviso. Si avverte costantemente la presenza di un’urgenza comunicativa, di una totale empatia nei personaggi e nelle storie messe in scena: come se il tempo non bastasse più, come se la vita fosse troppo grande, e lunga, e dolorosa, per essere rappresentata tutta.
Del resto, a soli 24 anni, chi mai potrebbe avere ben quattro film nel proprio curriculum? Il giovanissimo regista canadese prosegue quindi in questa sua corsa affannosa fatta di cinema e di storie, con un trasporto tale che può quasi far tornare alla mente l’indimenticato Cyril Collard e il suo Notti selvagge.
Con Tom à la ferme affronta ancora una volta tematiche di natura esplicitamente omosessuale, filtrandole però attraverso un’ottica noir, thriller o, se vogliamo, addirittura horror. Il pregio maggiore del suo cinema consiste sicuramente in una sincerità di intenti che non può in alcun modo lasciare lo spettatore indifferente: Dolan filma a cuore aperto, e si vede. Lo fa sin dai tempi di J’ai tué ma mère, quando si poteva ancora perdonare uno stile esageratamente urlato.
Oggi (anche se sono passati solamente quattro anni) è più difficile chiudere un occhio dinanzi a un film che mette troppa carne al fuoco, che è sempre e comunque sopra le righe, che si dimostra inevitabilmente programmatico e studiato nel suo divenire: Dolan dimostra di conoscere il cinema che conta, e non manca mai di rendergli il dovuto tributo, esasperando toni e situazioni in un crescendo al quale, tuttavia, si fa sempre più fatica a credere.
Primissimi piani alternati da un montaggio serrato, ralenti, schermo che da flat si trasforma in cinemascope: non c’è soluzione stilistica che manchi, in questo repertorio barocco e sfarzoso. Che Dolan sia bravo, non c’è alcun dubbio; che sia in grado di dimostrare una compiuta maturità autoriale, invece, è ancora tutto da vedere. In ogni caso, un esempio di cinema vivo, perfettamente in grado di ripagare i suoi difetti oggettivi tramite un amore e una sincerità che sarebbe un peccato rifiutare.