Antonomasia visiva del perturbante freudiano, Niente da nascondere è un film ambiguo e dissonante che a ogni inquadratura interpella, smentisce, scuote. Che chiama in causa lo spettatore, manipola tutto ciò che egli conosce e lo circonda per tramutarlo e poi restituirlo in una forma estranea, non familiare. Che genera inquietudine. Le vhs recapitate alla famiglia Laurent sono oggetti misteriosi che contengono immagini che non hanno un proprietario e non veicolano alcuno sguardo. Il piano sequenza conclusivo che mostra l’uscita da scuola del piccolo Pierrot Laurent replica un’immagine già vista a metà del film, una soggettiva del padre Georges. Vista ora potrebbe essere una proiezione onirica di Georges stesso appena messosi a letto, l’ennesima registrazione di una vhs oppure la semplice immagine con cui Haneke descrive il finale. Una ripresa in camera fissa di quattro minuti che smentisce quanto visto fin lì, che in tutta la sua ambiguità scagiona e nello stesso tempo condanna. Che rivela tutta la potenziale brutalità delle immagini e il loro statuto politico che mette in allarme.