La cosa più difficile per un film biografico è riuscire a racchiudere la personalità del soggetto scelto. Il compito si fa ancora più arduo, poi, con una figura d’artista, che esprime il proprio mondo interiore attraverso le sue opere.
Monica Affatato, documentarista specializzata in soggetti d’argomento musicale, riesce con Note necessarie a trasporre in immagini e suoni il ritratto di una figura di spicco nel panorama del jazz contemporaneo come Enrico Rava.
Pur nella sua struttura classica, il film va oltre il canonico documentario, modellandosi su tre piani che si sviluppano parallelamente in un’alternanza di aneddoti, esecuzioni dal vivo, prove concertistiche e riflessioni sulla musica afroamericana, nel contesto culturale del ’900 e nella vita del trombettista torinese.
Attraverso i racconti dello stesso Rava, o di suoi amici e collaboratori, viene ricostruita la carriera dell’artista: i primi approcci musicali, le esecuzioni nei locali di Torino, i soggiorni a Roma, in Argentina, a Londra e a New York, in cui Rava ha sviluppato e affinato la propria tecnica ed evoluto la sua musica. Dagli episodi narrati si coglie chiaramente il tono picaresco del percorso artistico e personale dell’uomo, anche se è l’arte di Rava a esprimerne il significato profondo del sua parabola. Il jazz è la chiave interpretativa di una vita giocata – come la musica che ne ha composto la colonna sonora – sull’improvvisazione, forma espressiva all’apparenza casuale ma in realtà giocata sulla capacità individuale di cogliere i diversi impulsi esterni, rielaborandoli secondo una personale sensibilità.
Non c’è nulla di raffazzonato in Rava, la sua disciplina è manifestazione di una libertà ricercata e ribadita nella vita come nella professione, vissuta non come lavoro ma come passione: uno scarto sottile quanto profondo, un segreto sussurrato a mezza voce che si fa cifra stilistica del jazzman. Quel che sul momento appare inventato, è sempre frutto di un’attenta e meticolosa osservazione e riflessione. Sostiene Bollani, parlando del collega, «Rava inserisce lunghi silenzi tra una nota e l’altra, come se ci pensasse due volte prima di dire qualcosa»: succede così quando vita e arte diventano tutt’uno.