Hair, paper, water di Truong Minh Quy e Nicolas Graux descrive il ritorno a casa di Cao Thi Hau, una donna che parla in un particolare dialetto indigeno vietnamita, il Ruc, che ormai si sta completamente disperdendo. I due cineasti seguono la donna a Saigon, nel frastuono della grande città e poi, lentamente, nel suo ritorno al villaggio dove era nata, in una grotta, sessanta anni fa. La donna tenta di insegnare al nipote anche parole fondamentali del dialetto perché questo non si perda. Cao è la testimone di una civiltà che ormai non esiste più e che il regista di Viet and Nam Truong Minh Quy filma con la consueta fotografia sporca e cupa che caratterizza da sempre il suo stile austero, puro, come gli elementi che mette in scena. L’acqua, la terra, la luce, gli animali. I gesti ordinari di una quotidianità perduta che i due cineasti vogliono recuperare e fissare nel tempo. Hair, paper, water procede come il corso di un fiume. Osserva Cao che a sua volta osserva quanto è cambiato il Vietnam, i villaggi, la gente che coltiva la terra. Hair paper, water non ha quindi una narrazione vera e propria ma è qualcosa di più e di diverso di un documentario.
Un documento dolente di una donna smarrita ma convinta, determinata, silente ma che con il suo saggio sguardo vuole tramandare al nipote quanto lei ha imparato.