James è, senza ombra di dubbio, il fan numero uno di Brigsby Bear Adventures, un tv-show per bambini che racconta le avventure spaziali di un orso pupazzo. Fin da quando era piccolissimo non ha perso una puntata, ha consumato ogni registrazione su vhs, ha collezionato ogni gadget possibile ed immaginabile; con i genitori e gli amici online non parla d'altro: vive per quella serie e passa le sue giornate a progettarne nuove avventure. Quel che non sa è che di Brigsby Bear Adventure, in realtà, è sempre stato l'unico spettatore. Sarà una retata dell'FBI a farglielo scoprire, a fargli scoprire il mondo da cui era rimasto isolato inconsciamente per oltre vent'anni, a riportarlo alla sua vera famiglia e a smascherare il set che i suoi finti genitori avevano allestito per lui.
È una classica commedia indie americana, Brigsby Bear; una di quelle da Sundance, uguale a centinaia di altre, in cui si ride e si piange, dove i cattivi non sono cattivi davvero, in cui i sentimenti la fanno da padrone e un costante senso di malinconia aleggia nell'aria. Eppure Brigsby Bear ha un'idea talmente chiara di quel che vuole essere, dell'idea di fondo con cui struttura la propria storia, che alla fine, almeno un po', finisci per crederci. Parla di nostalgia ed infanzia il film d'esordio di Dave McCarey; di formazione e modelli culturali, di immaginari (in questo caso, ovviamente, gli anni Ottanta) da cui oggi è praticamente impossibile smarcarsi. Racconta di un nuovo inizio e una nuova vita, dell'(im)possibilità di costruire ed esplorare qualcosa di nuovo.
Non ne può fare a meno, James. È l'unica cosa che ha mai visto, è l'unica cosa che conosce; non può pensare di affrontare il mondo nuovo senza aver prima chiuso il discorso con il proprio passato: è per questo che decide di realizzarne un film lui stesso. Non è un caso che il passato con cui ha un conto in sospeso sia proprio quello degli anni Ottanta; così come non è un caso che suo padre "adottivo" sia interpretato da Mark Hamill; perché Brigsby Bear è un'opera prima e al contempo una presa di coscienza, e senza partire da ciò che si ama di più, senza partire da una lettera d'amore per la propria infanzia, per i propri "genitori culturali" – per un certo tipo di cinema rivolto ad una ben specifica fetta di pubblico – è quasi impossibile affrontare un discorso (sul) nuovo. In questo senso la missione di James, che agli occhi di tutti risulta come un alieno venuto da un altro mondo, diventa la missione di McCarey stesso; l'unica cosa che conta è avere un'idea chiara del proprio obiettivo; solo allora sarà possibile partire alla volta di nuove avventure.