Parvana è una ragazzina di undici anni che vive a Kabul con i genitori, la sorella maggiore e il fratellino. Quando il padre viene incarcerato dai talebani, la famiglia si ritrova senza una figura maschile.
The Breadwinner è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 2000 di Deborah Ellis, noto in Italia con il titolo Sotto il burqa. Nora Twomey traduce le parole del libro in immagini, e lo fa scegliendo l’animazione. Ma in The Breadwinner la realtà non viene edulcorata o alterata, è anzi riportata in tutta la crudezza e la disperazione di un paese in guerra. Le granate e le bombe sganciate dagli aerei scavano solchi profondi nella vita e nei corpi delle persone, le botte dei talebani lasciano lividi sulla pelle delle donne, il sangue scorre copioso dalle ferite.
Il film prosegue una tendenza che negli ultimi anni accomuna le poche e coraggiose testimonianze femminili provenienti dal mondo islamico. Testimonianze che, sulla scorta di Persepolis di Marjane Satrapi, scelgono forme d’espressione considerate minori, come il graphic novel e il disegno animato. Per entrare in punta di piedi, con discrezione, nel dibattito pubblico e a poco a poco ottenere un legittimo riconoscimento. Allo stesso modo, Parvana cerca con umiltà e tenacia di affacciarsi alla vita adulta e difendere la propria indipendenza. Proprio nell’età in cui il sé comincia a definirsi e si presenta alle soglie dell’adolescenza, la ragazzina deve decidere che cosa, o meglio chi, vuole essere. E sceglie di sua spontanea volontà di travestirsi da maschio e chiamarsi Artesh, “il fuoco”. Così come tutti i nomi propri di persona in questo racconto, anche Artesh ha un significato simbolico che risponde all’intento didascalico della storia. Come Delaware, la sua migliore amica, che decide di chiamarsi “coraggio”, o Hala, l’alone splendente della luna che funge da guida nelle notti scure.
Ogni nome, ogni parola racchiude in sé un valore preciso, inestimabile: il valore della conoscenza. È proprio la capacità di leggere e scrivere, ciò che per una donna in Afghanistan è motivo di condanna a morte, che permette a Parvana-Artesh di salvarsi e di salvare i propri cari. Il potere di sapere e saper raccontare, tramandato di generazione in generazione dai professionisti della parola che cantavano le gesta degli antenati e la storia del popolo afghano. Parvana ha la straordinaria capacità di inventare storie plasmando l’argilla grezza della realtà fino a farle prendere la forma della fiaba e del mito. Ogni suo racconto ha il dono di confortare e alleviare il dolore, che sia quello causato dalla perdita del padre o la fatica di lavorare per ore in una cava di pietra. Le storie di Parvana sono un voto di speranza rivolto al futuro e, allo stesso tempo, un innesto nelle radici della sua gente. Non a caso, l’immaginazione della bambina ha le sembianze del teatro delle ombre, l’antico spettacolo di origine popolare diffuso in tutto l’impero ottomano.
La vicenda procede quindi su due linee narrative: l’intreccio principale del film e la storia narrata da Parvana, quella di un ragazzo che deve affrontare ogni avversità per salvare il suo villaggio, portando a perfetto compimento il viaggio dell’eroe. Ed è proprio in questo secondo livello del racconto che risiede, racchiuso in uno scrigno di antichissima tradizione, il vero significato del film.
Questo film d’animazione prodotto da Angelina Jolie, che da anni è impegnata in attività umanitarie a tutela dei rifugiati e dei minori, è una storia dentro la storia, un incastro di bambole russe che conserva al proprio interno una morale dal valore imperituro. Perché la vicenda di Parvana si ripete, secolo dopo secolo, fino a diventare una storia universale: è la storia di tutte le bambine e tutte le donne che ogni giorno devono lottare per la propria libertà. Un romanzo di formazione diventato un classico della narrativa per ragazzi e che perpetua un messaggio di speranza e resistenza al di là del tempo e dello spazio. Una fiamma perpetua che accende la miccia più pericolosa e più potente di tutte: il potere della conoscenza.