Il viaggio verso il festival appartiene all'"esperienza festival" e ne costituisce pure una parte importante.
Questa volta, il pretesto per raggiungere Innsbruck da Pavia con la mia Vespa rossa, è scalare le montagne e rendere omaggio ad uno dei film più belli della scorsa stagione, Clouds Of Sils Maria, semplicemente Sils Maria in Italia, diretto da Olivier Assayas.
Salendo sull'omonimo passo però non mi accoglie il famoso Maloja Snake, stupefacente fenomeno atmosferico al centro del film di Assayas, e già celebrato più di novant'anni fa nel 1924 dal tedesco Arnold Fanck (un padre del Bergfilm, genere che deve tutto al grande Luis Trenker) fermo restando che, non solo in Sils Maria, tra paesaggio alpino, vita e rappresentazione teatrale della vita stessa, nel cinema come nelle nostre esistenze, sembra essersi instaurato un legame sempre più netto: non solo a Maria Enders/Juliette Binoche capita di non dormire la notte...
L'arrivo a Innsbruck, dopo questi 396 chilometri tra splendide montagne e torrenti bianchi di acqua di disgelo, è inframmezzato da una breve sosta in un idillica baita naturalmente raggiungibile soltanto a piedi.
E tutto questo paesaggio c'entra moltissimo con la cerimonia d'apertura della 24ª edizione dell'International Film Festival di Innsbruck, dedicata com'è alla figura, ingiustamente poco conosciuta da noi, di questo originale cineasta tirolese, Hubert Sauper, qui accompagnato dai genitori in tipico costume tirolese (?!).
Vero detective del paesaggio, soprattutto umano, osannato da guru dell'etno-antropologia come Jean Rouch, da noi noto forse solamente per lo sconvolgente Darwin's Nightmare, Sauper presenta in questa occasione il suo ultimo lavoro, We Come as Friends, un film, come sostiene lui stesso, che nega il suo titolo a mano a mano che la trama si dipana. E come dargli torto?
Indeciso tra una moderna odissea e uno science-fiction film d'avanguardia, We Come as Friends è soprattutto un viaggio nel cuore più profondo dell'Africa proprio nel momento in cui il più grande paese del continente in seguito ad un referendum si sta separando in due distinte nazioni. Tutto ciò attraverso la trasvolata dalla Francia del regista sul suo aeroplano ultraleggero e autoprodotto, cioé davvero costruito da un equipe diretta da Sauper stesso!
Quanto resiste in Africa del colonialismo che fu? E quanto ha semplicemente cambiato faccia, ma continua a mietere forse ancora più vittime? Ai vecchi padroni si sono aggiunti i nuovi, ma: “...da quale pianeta provengono?” come chiede proprio Sauper a dei perplessi operai cinesi mentre giocano innocentemente a biliardo nella restroom della loro enorme raffineria.
E all'uscita dalla sala mi accoglie questa visione.
Forse così straniante anche a causa della appena vissuta e così coinvolgente/sconvolgente esperienza cinematica.