I film italiani di Venezia 2013 permettono di farsi un bel tour (e un'idea piuttosto realistica) del bel paese.
Si può cominciare dal Sud. La Palermo di Emma Dante: chiusa bloccata vociante cattiva. Bloccata come l'Italia degli ultimi penultimi terzultimi dec...ecc...ecc...enni. Poi alla fine ci si stropiccia gli occhi (abbiamo visto giusto?), succede un miracolo (solo cinematografico?) su quella via Castellana Bandiera.
Risalendo su per la penisola si arriva alla Roma intorno al Sacro Gra, il Grande Raccordo Anulare di Gianfranco Rosi. Il Gra è sacro perché è muro di cinta, perché nasconde e protegge vite incredibili, perché è rifugio di ogni peccatore, inventore, avventuriero e profeta. “Sacro Gra” è – lui sì – l'aggiornamento necessario alla “Roma” di Fellini.
Su verso Nord, fino al Nordest. Il Veneto di Piccola patria di Alessandro Rossetto intona vigorosi corali a cappella su aria inquinata e vite disgraziate tra alberghi lussuosi tristemente lussuriosi, capannoni miserabili, famiglie orripilanti.
Ancora più su, sulle montagne, La prima neve di Andrea Segre va in cerca di un'altra storia di Li che stavolta è un immigrato africano. E più in là, dove il Friuli sconfina con la Slovenia si incontra Zoran, il mio nipote scemo, film dove il confine c'è e non c'è, dove ti regalano un nipote (quasi) campione di freccette e dove lo si deve far diventare campione per davvero.
Il cerchio si chiude con un viaggio di ritorno al Sud con quel padre e quel figlio, il regista stesso, Salvo Cuccia, che dal Nord, nel 1982, scesero a Palermo per andare al concerto di Frank Zappa in Summer 82, When Zappa Came to Sicily, concerto che finì prima del previsto, nel caos, tra i lacrimogeni. E nel film di Cuccia, dal lontano 1982 si torna all'oggi con bande musicali, scuole e strade intitolate a Zappa, mentre tutti, figli figlie moglie di Zappa, piangono calde lacrime italoamericane. Bei giri d'Italia. Un “grand tour”, come quelli di qualche secolo fa.