Ci mancava solo il Papa yankee. Orfano, cresciuto amorevolmente nell’orfanotrofio di suor Mary, precoce nella vocazione e nella scalata delle gerarchie (“Cardinale a soli 45 anni” noterà poi qualcuno, descrivendolo), Lenny Belardo diventa il primo Papa americano della storia della Chiesa, con il nome di Pio XIII.
Questo, almeno, nella finzione cinematografica di “The Young Pope” la serie televisiva scritta e diretta da Paolo Sorrentino, i cui primi due episodi sono stati presentati in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia. «Come reagirà il Vaticano? - Viene chiesto a Sorrentino – è un problema del Vaticano, non mio, risponde Sorrentino che però aggiunge: ho lavorato con onestà e umiltà cercando di tenermi alla larga il più possibile da sterili provocazioni, per indagare le contraddizioni e le difficoltà di un mondo comunque affascinante». Beve “Cherry Cola Zero” ma detesta la “Diet”, si concede una sigaretta ogni tanto e, da buon americano, sulla sua scrivania non manca mai una tazza di caffè nero: questo è il Papa di Sorrentino. Il quale, a dispetto della giovinezza e dell’immagine, si rivelerà però, piuttosto conservatore, tradizionalista, scelta fatta - Sorrentino dixit - proprio in contrapposizione alla figura del papa attuale, proprio per sottolineare il fascino dell’alternanza: “ad un Papa progressista ne segue in genere uno conservatore”.
Eletto, secondo alcuni, semplicemente seguendo le logiche di una strategia puramente di ordine mediatico, la figura di questo Papa americano darà parecchio filo da torcere, come si intravede da questi primi due episodi, a tutta la filiera delle gerarchie abituate a riti e scenari consolidati dal tempo. Primo tra tutti il Cardinale Voiello (Silvio Orlando), Segretario di Stato, tifosissimo della squadra del Napoli. Un Papa rock star ma che esita ad apparire in pubblico per pronunciare il primo discorso (gli causa anche degli incubi notturni), figuriamoci pensare alla prima Enciclica ma che non esita ad una certa durezza verso i suoi fedeli: «Vi siete dimenticati di Dio, non vi sarò mai vicino, sarò più vicino a Dio che a voi, non ho nulla da dire a chi nutre dubbi su Dio, siete voi che dovete provare che non esiste. Non vi indicherò nessuna strada: cercatela. Non so se voi mi meritate». Un papa che, come alcune grandi figure e cita Salinger, Kubrick, i Daft Punk, ma anche Mina, hanno scelto di non mostrarsi mai in pubblico proprio per accrescere, paradossalmente, la loro popolarità.
Figurativamente il film sembra un po’ un prolungamento de La grande bellezza, Sorrentino, con la complicità dell’ormai imprescindibile Luca Bigazzi alla fotografia, si conferma un gran confezionatore di immagini che esulano la pura illustrazione per rendere vivo lo spessore della materia trattata, soprattutto là dove l’immagine si fa simbolo e il simbolo sogno. Mentre narrativamente – come ha prontamente ricordato il regista stesso – la serialità del lavoro offre la possibilità di dilatare alcune sequenze che in un film verrebbero sotto intese da ellissi, o operare digressioni narrative o, ancora approfondire o inserire personaggi. Per quel poco che si è visto il lavoro ci è sembrato puro Sorrentino, più Moretti, più Fellini: in onda da ottobre su Sky Atlantic in 5 Paesi (Italia, Gran Bretagna, Germania, Irlanda, Austria) e in Francia su Canal+.