Un gruppo di ragazzi, selezionati casualmente tramite sorteggio, viene mandato su un’isola deserta con un unico scopo: uccidersi a vicenda. Soltanto l’ultimo sopravvissuto verrà proclamato vincitore e potrà tornare a casa.
No, non stiamo parlando di un capitolo qualsiasi della saga di Hunger Games, bensì di Battle Royale, diretto dal maestro nipponico Kinji Fukasaku e uscito nelle sale giapponesi nel dicembre del 2000.
Tratto dall’omonimo romanzo di Koushun Takami, il film è uno specchio deformante e grottesco di una società (quella giapponese, appunto) segnata dall’arrivismo più sfrenato e dalla soppressione degli istinti primordiali.
Rispetto ai lungometraggi ispirati ai libri di Suzanne Collins, in Battle Royale i giochi non vengono proposti per far divertire gli adulti, bensì per punire gli adolescenti, rappresentanti di una crescente criminalità giovanile che il governo (di una “nazione asiatica non specificata”) non sa più come fermare.
A supervisionare il tutto, insieme ai militari, l’ex insegnante dei partecipanti, il prof. Kitano (interpretato proprio da un intenso Beat Takeshi), uomo violento e sfiduciato, che tanto ricorda quelle figure demiurgiche spesso presenti nelle pellicole giapponesi contemporanee, a partire dai film di Shin’ya Tsukamoto e di Takashi Miike.
Esattamente come il successivo Suicide Club (2001) di Sion Sono, Battle Royale è un’angosciante ballata funerea e collettiva, dove le azioni più violente sono accompagnate dalle note liriche della musica classica, da Strauss a Bach.
Più che un’ironica iperbole delle dinamiche dei reality show (seppur il Grande Fratello stesse iniziando a diffondersi nel mondo proprio in quegli anni), il film è una chiara e agghiacciante allegoria dell’attualità giapponese del periodo, tanto da essere stato motivo di discussione ai piani alti del governo nipponico: oggetto di dibattiti parlamentari, Battle Royale è stato ritirato dai cinema (perfino il primo ministro si schierò contro la pellicola) per poi tornare nelle sale qualche mese dopo in una nuova versione, arricchita di alcune sequenze inedite.
Nel 2003 uscì un seguito del tutto superfluo, Battle Royale II: Requiem: questo fu l’ultimo lavoro di Kinji Fukasaku che morì durante le riprese. Il progetto venne terminato dal figlio Kenta, allora esordiente dietro la macchina da presa, che aveva scritto la sceneggiatura del film precedente.