Il futuro nasce nel 1982. Nasce tra la pioggia e il caos, il dolore e il disorientamento di razze miste che hanno perso i colori squillanti e la variegata multiformità dei popoli del bar di Star Wars e di Alien, e sono tutti sconsolatamente umani.
I "diversi" non si rassegnano allo scadere del loro tempo, ma chiedono di essere uguali a quelli da cui sono già indistinguibili: tutti ugualmente tristi e tartassati, tutti sperduti nei cunicoli terrestri o aerei di un ambiente urbano che ha accatastato il nuovo e il vecchio, percorso da immagini e voci suadenti dai teleschermi e maxischermi, sovrastato dalle torri del dominio che riproducono nella perfezione del cristallo e dell'acciaio il simbolismo enigmatico di egizi e aztechi.
Dio abita là, in cima alle torri; tutti gli altri si arrabattano nel fuligginoso formicaio sottostante.
Piove sempre nell'ipotetica Los Angeles del 2019 (tra soli cinque anni!) di Blade Runner: piove e ci si urta, ci si intravede e ci si perde, si sale e si precipita. Gli stili si mescolano: ci si veste di nero, di grigio, di cupi porpora, avvolti in impermeabili o giacche di pelle, svettanti nei fuseaux attillati, calzati come soldati, tatuati, con in faccia i colori di guerra di una rivolta impossibile e gli occhi bistrati, i capelli quasi bianchi o arancioni o le acconciature ardite e perfette di una femme fatale di altri tempi "neri" e disillusi.
Guardiamoci intorno (senza inoltrarci nelle megalopoli orientali): l'incredibile skyline londinese nato sul Tamigi tra la cupola di Saint Paul, il grattacielo Shard e il London Eye, la luccicante Potsdamer Platz sorta sulla terra di nessuno della Berlino divisa, persino l'interessante accrocchio che sta prendendo forma a Milano tra Porta Nuova e la stazione Garibaldi. E guardiamoci allo specchio e osserviamo gli altri passeggeri della metropolitana. Il futuro è nato nel 1982 ed è quello nel quale siamo immersi ora, tutti uguali, tutti "replicanti", tutti persi nel ricordo dei cieli di Orione.
Teniamocelo stretto, il futuro-presente previsto da Dick-Scott-Syd Meade (il geniale scenografo del film), perché "dio" sta sempre lassù, in cima a levigati sogni assiro babilonesi, pronto a revocare il nostro "permesso di soggiorno" limitato.