È difficile stabilire quando, esattamente, il popolo americano si convinse che il Governo Nixon avesse mentito sullo Sbarco. È facile, invece, risalire al momento in cui cominciò a crederci Hollywood, e dunque il Cinema e l'immaginario pop, nel 1972, quando il caso Watergate rivelò le potenzialità “epiche” del Complotto, prima di allora appannaggio di hippie cospirazionisti mezzi matti, reduci dalla stagione degli omicidi politici degli anni '60. Dopo l'impeachment di “Tricky Dick”, l'incubo di un Governo americano onnipotente e maligno come la Spectre di Ian Fleming non pareva più un'assurdità. Lo pensarono anche alla Warner Bros, dove, proprio quell'anno, diedero finalmente il via alla sofferta produzione di Capricorn One (uscito poi nel 1978).
Il regista Peter Hyams lavorava in televisione nel 1969, ai tempi dell'Apollo, e ricorderà di essere rimasto colpito da come le poche disturbate immagini di quel “piccolo passo per l'umanità” potessero aver avuto un effetto così significativo. Il film racconta dunque di un fantomatico sbarco su Marte, inventato da Nasa e CIA a scopi propagandistici e coperto con la violenza.
In realtà, forse a testimonianza di un contesto storico ormai cambiato, il film di Hyams ha poco del thriller politico stile Pollack o Pakula, e più della grande avventura spielberghiana. Proprio il tono da Intrigo Internazionale più che da film di denuncia contribuì però al successo commerciale del film, che instillò la teoria del complotto nell'inconscio collettivo americano e non. Una produzione da vecchia Hollywood, ricca di volti noti e caratteristi seventies (Hal Holbrook, Karen Black, David Huddleston e Telly Savalas tra le seconde linee), resta a modo suo un documento chiave: il suo successo è lì a indicare il momento esatto in cui la generazione degli ex-hippie iniziò a rielaborare gli incubi sommersi della contestazione (Apocalypse Now uscì solo pochi mesi dopo), e l'industria pop ad affrontare, spettacolarizzandoli, gli angoli più oscuri della storia contemporanea.