L’ambizione di un film come Apollo 11 di Todd Douglas Miller è quella di restituire un’esperienza cinematografica il più vicina possibile alla missione spaziale passata alla storia come una delle più grandi conquiste dell’umanità. Il documentario è realizzato a partire da oltre 11.000 ore di registrazioni audio mai catalogate e da una serie di filmati originali girati in 65mm riscoperti solo recentemente, prodotti durante la più celebre impresa della NASA. Lo sbalorditivo impatto visivo della digitalizzazione in 8k di quei materiali (presentati in America solo nelle sale IMAX) e il montaggio serratissimo, rendono Apollo 11 una visione incredibilmente immersiva e coinvolgente, che riporta lo spettatore indietro di 50 anni, a quando milioni di persone seguivano con impazienza gli astronauti della squadra "Mission Control", con tutta l’adrenalina di quei giorni e la tensione di quelle ore memorabili in cui il genere umano fece un balzo gigantesco verso il futuro.
Eppure di fronte all’imponenza dell’altissima definizione, di immagini così perfette da lasciare a bocca aperta, è quasi impossibile che la memoria cinefila non voli fino alla più celebre rappresentazione cinematografica di un viaggio sulla luna, a quel proiettile così imperfetto ma così suggestivo da essersi conficcato per sempre negli occhi di qualsiasi amante della settima arte. Ad oggi Le voyage dans la lune di Georges Méliès resta probabilmente la missione lunare più importate e iconica mai vista su uno schermo ed è assolutamente fondamentale che sia così; perché quel breve film del 1902 continua ad essere la perfetta rappresentazione della capacità dell’uomo di pensare l’impossibile, di andare oltre qualsiasi logica e di riuscire a dare vita ai propri sogni e alle proprie ambizioni; e di quanto il cinema sia un mezzo assolutamente perfetto per poterlo fare. In questo senso la ricerca quasi ossessiva del 4, 8, 16 o 32k, della perfezione assoluta dell’immagine, rischia spesso e volentieri di soffocare l’immaginazione e la voglia di provare a scoprire ed esplorare qualcosa di mai visto prima.
Vedi i dubbi sollevati dal romanzo I vostri padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre? di Dave Eggers dove un trentenne fuori di testa rapisce un astronauta della NASA, accusandolo di aver contribuito, con la cancellazione di tutti i voli spaziali, alla distruzione dei sogni e delle ambizioni di un’intera generazione. Il libro prende infatti vita da due domande ben specifiche: che fine hanno fatto i grandiosi ideali di conquista dello spazio che avevano fatto sognare ad occhi aperti milioni di persone? Cos’è successo alle ambizioni di intere generazioni che hanno cercato di realizzare imprese più grandi della vita?
Ecco che una visione come quella di Apollo 11, per quanto strabiliante sotto molti punti di vista, porta a riformulare queste domande in un contesto cinematografico come quello contemporaneo, spingendo a chiedersi dove si va a perdere, sempre più spesso, l’ambizione di sorprendere lo spettatore con viaggi meravigliosi attraverso l’impossibile; o provando a capire quand’è che si è smesso di immaginare i viaggi sulla luna, scegliendo di mostrarli in alta definizione. Ed è probabile che la tendenza a confezionare esperienze cinematografiche sempre più curate, controllate e definite, come quella restituita dal film di Todd Douglas Miller, possa rappresentare già di per sé una risposta esaustiva a questa domanda.