Serve un’enorme consapevolezza dell’essere umano e una grande pienezza del vivere per riuscire a trattare la morte con la levità di Alain Resnais.
Parente stretto del precedente Vous n'avez encore rien vu, Aimer, boire et chanter ne condivide la riflessione sulla scomparsa (della vita in primis, ma anche dell’amore, della passione) e sulla vita come messa in scena. Anche in quest’ultimo film la pièce teatrale si sovrappone alla reale esistenza dei protagonisti, i quali giocano (e “giocare”, “jouer”, “play”, qui funziona davvero meglio di recitare) ruoli che per osmosi si compenetrano e si influenzano a vicenda.
George Riley, l’invisibile personaggio attorno al quale ruota l’intera vicenda, è un signore di mezza età, condannato a pochi mesi di vita a causa di un male incurabile. Nonostante sia sempre fuori scena (ob-scena, così come fuori scena rimane la morte, che non dovrebbe essere filmata nel tentativo di raggiungere il più assoluto realismo, poiché sarebbe immorale – mutuando il noto testo di Rivette De l'abjection, con l'antitesi tra Kapò di Pontecorvo e Nuit et brouillard di Resnais, ça va sans dire, il discorso potrebbe essere allargato più in generale alla rappresentazione del decesso) non c’è una sequenza in cui la sua presenza non aleggi, quasi fantasmatica.
Volendo fare un’ultima vacanza prima di morire, decide di invitare le tre donne della sua vita, tutte e tre ormai accasate con altri uomini, eppure tutte e tre mosse dal rimpianto, in fondo, per una persona così energica e vitale, soprattutto se messa a paragone con gli odierni compagni. Tutte e tre accettano l’invito, ognuna inconsapevole che la profferta è stata indirizzata anche alle altre. Scoperta l’ambigua situazione, le tre rinunciano, con grande sollievo dei loro tre mariti. Colei che accompagnerà nell’ultimo viaggio George sarà invece Tilly, ragazzina sedicenne, l’unica forse in grado, vista la giovane età, di contrastare con la sua freschezza il decadimento e la fine.
Girato con grandissima ironia, quasi fosse un divertissement, Aimer, boire et chanter è soprattutto un inno alla vita e alle astuzie che vengono allestite come si dovesse andare in scena davanti a spettatori che partecipano alla medesima ronde di desideri, amori e seduzioni, consumati nell’adolescenza così come nell’età adulta, forse gli unici sentimenti che facciano sentire l’essere umano davvero “vivo”.
“Innamorarsi, ancora una volta”…