Venice Immersive

On The Morning You Wake (To the End of The World) di Mike Brett, Steve Jamison, Pierre Zandrowicz e Arnaud Colinart

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Sono circa le 8 del mattino del 13 gennaio 2018 alle isole Hawaii quando un milione e quattrocentomila persone ricevono questo avviso automatico sui propri dispositivi mobili: BALLISTIC MISSILE THREAT INBOUND TO HAWAII. SEEK IMMEDIATE SHELTER. THIS IS NOT A DRILL. Un missile balistico equipaggiato con una testata nucleare minaccia il territorio statunitense dell’arcipelago. Tra le isole si dissemina un progressivo panico, migliaia di persone chiedono spiegazioni alle forze dell’ordine ignare anch’esse dell’accaduto, altre cercano immediato rifugio dove possono, consapevoli del pericolo di una fine imminente. Trentotto interminabili minuti dopo la rettifica, l’allerta è frutto di un malfunzionamento di sistema o di un errore umano, come confermeranno le successive indagini.

On The Morning You Wake (To the End of The World), non è solo il racconto immersivo di quella minaccia fantasma, di quei 38 minuti di tensione e disperazione, ma un attento saggio visivo che intreccia delle analisi sullo stato di nuclearizzazione contemporanea degli armamenti di tutto il mondo allo svisceramento delle strategie neocoloniali che ancora agiscono in crocevia critici come le isole Hawaii. L’esperienza è strutturata in tre capitoli distinti dove sono protagoniste le testimonianze degli abitanti del luogo così come dei parenti delle potenziali vittime. I capitoli seguono una struttura narrativa che procede secondo una progressiva astrazione: dalla ricostruzione dei fatti del primo capitolo si passa all’ascolto di storie disparate come quella della tragedia nucleare a Hiroshima per terminare, forse peccando di eccessivo patetismo, con un augurio per un futuro pacifico e denuclearizzato.

Protagonista dell’intera esperienza è la voce narrante che accoglie l’utente in paesaggi astratti e ricostruzioni virtuali. La tecnica utilizzata è fra le più avanzate oggi disponibili: i personaggi non sono costruiti ex novo digitalmente ma ripresi dal vivo in un teatro di registrazione volumetrica (il Dimension Studios di Londra, tra i più all’avanguardia nel settore). Un processo di ripresa ed elaborazione delle immagini che genera un forte senso di presenza, di intimità con i soggetti narranti e di realismo rispetto agli spazi di volta in volta abitati e che segna un’importante punto per la pratica e teoria della realtà virtuale, sempre più crocevia fra cinema, teatro e performance.

L’esperienza è pensata in sei gradi di libertà (6 DOF), l’utente ha quindi possibilità di muoversi negli ambienti costruiti digitalmente ed è sapientemente trasportato in luoghi fisici o paesaggi emotivi che seguono la modulazione della voce narrante. Il processo di avatarizzazione, l’immersione cioè in un corpo digitale virtualmente sostituito a quello dell’utente, è pressoché assente se non per un paio di felici soluzioni che trasformano i controller in uno smartphone (con l’avviso della minaccia) o in delle mani. Una scelta, quella dell’immersione scorporata, che permette tuttavia di giocare registicamente con la scala: durante l’esperienza ci troviamo alternativamente a sovrastare le isole come di fronte a un modellino e a essere circondati dalle ricostruzioni ingigantite dei soggetti che di volta in volta ci raccontano la vicenda. Una soluzione tecnicamente ben riuscita e che sviluppa i potenziali della realtà virtuale oltre la classica esperienza in point-of-view.

La realtà virtuale esplora quindi due suoi grandi potenziali. Da una parte quello narrativo, dello storytelling immersivo che in questo caso riesce, anche con una discreta coscienza politica, a dar voce e spazio a storie plurali che attraverso la loro carica emozionale ben si associano all’esperienza isolata, soggettiva e in certi versi intima della VR. I soggetti narranti non sono infatti spettacolarizzati da un iperrealismo fotografico ma piuttosto presentati enfatizzandone la carica psicologica ed emotiva.

Dall’altra parte questa esperienza costituisce un ottimo prototipo per ragionare sulle capacità della VR di costruire forme di materializzazione della memoria. Un fatto particolarmente eccentrico come quello raccontato avrebbe potuto dar spazio a forme cinematografiche dall’alto appeal tensivo, con effetti scenografici che avrebbero potuto strizzare l’occhio alla produzione filmica d’azione che, sulle minacce nucleari, molto ha lavorato. On The Morning You Wake (To the End of The World) è invece un’esperienza particolarmente intima dove le emozioni di chi racconta sono delicatamente trasportate in panorami emotivi, più che ricostruttivi. È un’esperienza delle storie, non della Storia, e proprio per questo politicamente efficace, almeno nei primi due capitoli, nella comprensione di cosa è ancora oggi, in tempi di conflitti mondiali, la minaccia nucleare. Come e cosa si potrebbe raccontare di una vasta e complessa cultura, come quella Hawaiana, se distrutta da un evento catastrofico e improvviso quale un’esplosione nucleare? Una domanda che permea l’intera esperienza e che ci conferma come la realtà virtuale sia un dispositivo che va ancora pienamente capito nella sua capacità di trasmettere e conservare storie e memorie.

Un nuovo progetto ben riuscito per Archer’s Mark (Mike Brett, Steve Jamison) e Atlas V (Pierre Zandrowicz, Arnaud Colinart) – già produttori di Notes on Blindeness: Into Darkness – anche grazie alla collaborazione con l’attivista e studiosa hawaiana Jamaica Heolimeleikalani Osorio, che ha curato l’intera narrazione dal punto di vista testuale e della quale si sente la chiara coscienza politica rispetto alle tematiche decoloniali. Questa esperienza risuona primariamente con le pratiche della memoria: un timido monumento a una tragedia mai avvenuta ma che per la sua potenzialità narrativa ha permesso a un dispositivo, spesso tacciato di empatia tossica come la realtà virtuale, di creare una delicata immersione cinematografica sia nella cultura hawaiana contemporanea, nella sua difficile storia che nella più ampia necessità di pensare a nuove forme e pratiche tecnologiche di trasmissione e conservazione della memoria collettiva.

On The Morning You Wake (To the End of The World) è stato diretto da Mike Brett, Steve Jamison, Pierre Zandrowicz e Arnaud Colinart e sviluppato in collaborazione con Novelab, Atlas V, Archer’s Mark, ARTE France, Games for Change, Princeton University, BFI e VR for Good. È compatibile con Quest 2 e scaricabile gratuitamente dalla libreria Oculus.