La prima sequenza di "Mr. Klein" (Losey)

L'umiliazione

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Mr. Klein (1976) di Losey è un capolavoro di ambiguità e un grande film sull'identità, sull'Occupazione, sulla Shoah, sull'aberrazione dell'antisemitismo, sulla falsa coscienza della borghesia occidentale dell'epoca, sull'ipocrisia, sull'avidità e su molto altro.

Inizia con una sequenza d'umiliazione, una delle sequenze di umiliazione più atroci della storia del cinema. Anche perché, apparentemente, non accade nulla di violento: un inespressivo medico francese petainista sottomette una donna anonima, non giovane e non bella (la bravissima caratterista Isabelle Sadoyan) ad una visita per schedare i suoi connotati di ebrea.

Le misura la fronte, il setto nasale, il collo, il mento, le orecchie, le esamina la carne dei fianchi, dei glutei (“dalla natura larga e flaccida”, conclude), le tocca i capelli, la costringe a camminare davanti a lui completamente nuda e ne analizza la mimica e le reazioni emotive. Dalle sue parole vagamente sprezzanti e dai modi gelidamente bruschi che riserva alla donna, si capisce chiaramente che, in quanto ebrea, la considera un essere vivente di qualità inferiore alla propria. Ma non la offende, non le procura dolore, non la deride, si limita a derubarla (alla fine si fa pagare lautamente per il disturbo).

La violenza atroce della scena risiede in tutto ciò che di invisibile Losey rende visibile nei rapidi gesti di disprezzo del medico. Tutti gesti – banali, frettolosi, irriguardosi ma controllati - che suggeriscono – con le parole “tecniche” pronunciate con tono di voce neutro – il razzismo di un burocrate che è solo il primo di coloro che si incaricheranno di ridurre l'individualità e il corpo della donna a cosa.

La scena è atroce anche perché davanti all'indifferenza del medico, appare, nuda e indifesa, l'ansia, la vergogna, il disagio della donna, tragicamente all'oscuro, perché non è ancora in grado di immaginare che cosa l'attenderà.

La minaccia di questo incipit grava poi su tutto il film, sull'intera, vana e derisoria indagine di Robert Klein (un magistrale Alain Delon), agiato mercante d'arte che sfrutta da usuraio la persecuzione antisemita e che cercherà di rintracciare il suo omonimo ebreo, artefice di una trappola sofisticata e mortale. Ad un certo punto, non a caso, lo stesso Klein menzionerà proprio la scena della visita che potrebbe subire egli stesso (sospettato di essere ebreo), come un sopruso intollerabile per il suo orgoglio e la sua dignità di ricco ariano.

Ma la sequenza della sua umiliazione finale ad Auschwitz sarà interamente affidata all'immaginazione dello spettatore.