Droidi che uccidono in remoto, soldati robot, velivoli da guerra che decollano in orizzontale, in verticale, in obliquo, con una mano sola, esoscheletri da combattimento, sistemi di sorveglianza panottica capaci di dire chi sei, dove vai e perché, habitat artificiali fatti di villoni con piscina e smutandate comprese nel prezzo, colpi di stato cibernetici, profughi da aree povere tenuti a bada coi missili da comandanti sessualmente frustrati – per inciso, gente che scopa pochissimo - crisi globale che quelle dei secoli precedenti, a confronto, erano una domenica alla Coop, così poco lavoro da sentirsi parte di un’élite quando si va in fabbrica pure con le ossa rotte, assistenza sanitaria da spot anni '80 (per molti, ma non per tutti) e governi che per attaccare il nemico non hanno bisogno di prove di un affronto. Poi sì. Poi chissà. Poi i testimoni sono confusi: insomma, il film di Neil Blomkamp sfoggia un rigore documentaristico quando descrive i nostri giorni. Sembra quasi un tg di quelli seri – sarà che parla l’inglese.
Poi, d’un tratto, si mette a raccontare di un ex ladro spiantato che si fa un trapianto low budget senza nemmeno togliersi la maglietta, diventa socialista e con un volo last minute corre a sacrificarsi per amore dei suoi simili.
Che caduta. Nemmeno gli adolescenti credono più a ‘sta fantascienza.