"Elephant" di Gus Van Sant, Palma d'Oro nel 2003

Dove nessuno guarda

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Cannes 2003: il presidente di giuria Patrice Chereau chiede formalmente a Jilles Jacob di poter fare una deroga al regolamento affinché – per la prima volta nella storia del Festival - a Elephant di Gus Van Sant venga riconosciuta la vittoria non solo della Palma d’oro ma anche del Premio per la regia.

E sì che Van Sant era in competizione con Von Trier (Dogville), con Ozon (Swimming Pool), con Arcand (Les invasion barbares), con Sokurov (Otets y Syn), tanto per citarne qualcuno, ma soprattutto con Clint Eastwood e il suo assoluto Mystic River.

Eppure Van Sant sbaraglia tutti, con quel suo continuo fluire di immagini che scorrono come le nuvole in un cielo azzurro, come gli alberi ai lati della strada, come le parole, i gesti, le nuche, i volti, i sorrisi, gli armadietti, i brufoli, i corridoi, le lezioni… stop… and go… di nuovo all’infinito, sempre uguale, sempre possibile da un altro punto di vista, sempre diverso, ma sempre uguale, un po’ in anticipo o un po’ ritardo… parole, cinguettii, note, parole, un fluire continuo che in realtà è continuamente frammentato, ricomposto, rimandato, anticipato, ripreso. In una parola: il nulla; quel nulla del quotidiano che è il tutto del reale. E che è lo sguardo del singolo a significare, che è la visione casuale a rendere sensibile, che è l’immagine a rendere concreto.

Il nulla che non può essere raccontato ma può essere filmato, evocato, esplorato, sezionato, guardato. Guardare là dove nessuno guarda; guardare e riguardare… chi cammina lungo il corridoio radente al muro, chi ci cammina al centro, chi gira e prova a catturare l’essenza di quello che gli sta intorno, chi solleva lo sguardo verso le nuvole e chi vomita nei bagni all’uscita dalla mensa, chi si bacia in una doccia perché non ha mai baciato nessuno e l’indomani sarà morto.

Guardare semplicemente dove nessuno guarda, perché la tragedia è già lì, visibile, incrociabile ogni giorno, in potenza ogni momento, in nuce ogni istante, nel fluire del nulla. Non comprensibile ma sensibile, guardabile, come le nuvole che di nuovo scorrono nel cielo azzurro.

 

In attesa di Cannes 2014, rievochiamo alcuni dei film che abbiamo amato di più tra i vincitori della Palma d'Oro (e del Grand Prix). Racconteremo, tra gli altri, Il Gattopardo di Visconti, Cuore Selvaggio (Wild at Heart) di Lynch, Vite vendute (Le salaire de la peur) di Clouzot, La classe-Entre les murs di Cantet, Lo spaventapasseri (Scarecrow) di Schatzberg, Breve incontro (Brief Encounter) di Lean, L'albero degli zoccoli di Olmi, Elephant di Gus Van Sant, Barton Fink dei Coen...