Cinema come se fosse la prima volta. Ci sono film che azzerano e allo stesso tempo riconducono in sé tutto il cinema fatto in precedenza, lanciando nella “galassia Lumiére” un meteorite infuocato di pura possibilità. Non sono tanti, anzi, pochissimi, ma senz’altro The Tree of Life (2011) è uno di questi. Forse nessun’altra opera ha fiammeggiato con altrettanta intensità negli anni 2000, dopo Arca russa di Sokurov, pietra miliare con la quale condivide l’espressione di un gesto tecnico assoluto e la ricerca di una visione totalizzante in grado di far coagulare il tempo e lo spazio in nuove coordinate cinematografiche. Dopo la visione di The Tree of Life niente rimane inalterato, di certo non il cinema, improvvisamente ridefinito nei suoi tratti e contorni, ma nemmeno lo spettatore, gettato nel caos primordiale dal quale solo i grandi cineasti sono in grado di coniare nuove immagini. Nell’ombra capovolta della propria infanzia, grazie a Malick, il cinema intravvede il prisma delle sue dimensioni future.