Essi oltraggiano Karin, la superba, e la conducono alla morte. La trascinano per i suoi capelli d’oro in un cespuglio di bianca betulla, tenendo le trecce, le assestano un colpo con un grosso ramo sulla testa. Separano il capo dal suo corpo; dal suolo nasce un chiaro ruscello». Nell'antica ballata (traduzione di Camillo Bassotto per Cineforum, n. 3–4, maggio–giugno 1961) che ispirò Bergman e la sua sceneggiatrice, Ulla Isaksson, per La fontana della vergine, il miracolo della fonte avviene subito dopo lo stupro e l'assassinio della giovane Karin. Nel film, il ruscello prende a sgorgare solo dopo che il padre della ragazza si è vendicato dei pastori responsabili della morte della figlia – uccidendo anche il fratellino minore dei due, che aveva assistito impotente alla violenza – e solo successivamente al voto pronunciato dall'uomo di edificare con le proprie mani una chiesa sul luogo del delitto. Lasciandosi esperire attraverso un miracolo, Dio non accetta quindi solo il voto dell'uomo, ma anche la sua brutale vendetta, e perfino l'uccisione di un bambino innocente. Il Suo silenzio è ancora al di là da venire, il suo manifestarsi è già tremendamente inquietante.