Prescindendo da Shakespeare, lo spunto di Sorrisi di una notte d'estate rinvia alla pochade, l'intreccio al cosiddetto marivaudage, il disincanto sull'amore allo Schnitzler di Girotondo e alla versione cinematografica di Ophüls, pur non possedendone la rigorosa levità sul piano stilistico. La resa dei conti sentimentale organizzata nella sontuosa villa fa poi pensare a La règle du jeu in (parziale) assenza di connotazioni di classe, mentre lo stratagemma immaginato per la ricomposizione tra le coppie attiene alla messa in scena, in un percorso che dunque va dal Bardo a Pirandello, quest'ultimo per il gioco delle parti e delle maschere. Dunque, anticipa Fanny e Alexander, in quanto entrambi «contrappongono il mondo del teatro al resto del mondo, e rivelano...la sincerità del primo e le false apparenze del secondo» (Viviani). Grazie al teatro, in questo capolavoro cinico e comprensivo, beffardo ed elegantissimo, tanto profondo da sembrare superficiale, le tessere del domino finiscono per riposizionarsi in maniera conveniente per tutti, nel nome, rispettivamente, di una sorta di realpolitik matrimoniale, di una sorridente carnalità e persino di un amore senza compromessi che si realizza in una fuga per una volta aperta alla speranza.
Non deve stupire che uno dei vertici dell'opera di Bergman, nordico, austero e spirituale, sia una commedia. Il regista venerava Sjöström e detestava Godard, ma era un ammiratore di Billy Wilder.