Che non sarà un musical classico, Jeannette l’enfance de Jeanne d’Arc di Bruno Dumont, lo si intuisce fin dalla prima scena: siamo in Francia nel 1425 e una piccolissima Giovanna d’Arco sta sorvegliando le pecore, appena fuori dal villaggio di Domremy; sta cantando, Jeanette, ma non c’è nessuna nota ad accompagnarne le parole; sta ballando, ma nessun movimento di macchina ne segue i movimenti. Ha solo 8 anni, ma è già consapevole di quello che sarà il suo destino: si ritrova quindi intrappolata in un ambiente non suo, in uno spazio che non le appartiene, da cui do-vrà per forza di cose fuggire per poter essere finalmente se stessa.
Non esiste al cinema un genere più adatto del musical per raccontare una fuga dalla realtà, per amplificare e rendere epici sentimenti e situazioni, per rifugiarsi nei propri sogni. Questo Dumont, ovviamente, lo sa; e così, per raccontare una giovane Pulzella d’Orléans con le ali tappate, de-cide di costruire un anti-musical, di destrutturare il genere dall’interno demolendone le fondamenta: il risultato è quello di un’opera capace di restituire un effetto tanto straniante quanto intrigante.
In Jeannette non esistono canzoni orecchiabili, non esistono coreografie complesse, non esiste una melodia ben integrata col contesto; non esistono movimenti di macchina virtuosistici, non esistono i colori sgargianti tipici del genere. A tratti pare quasi di trovarsi di fronte ad una recita scolastica, in cui nulla è in armonia e quasi tutto sembra improvvisato.
Ma non è un film che si ferma alla propria idea di partenza, quello di Dumont: se infatti da una parte il senso di non appartenenza ad un luogo e ad una situazione viene rispecchiato alla perfe-zione dall’uso paradossale del genere, dall’altro il regista francese adatta la propria scelta narrativa all’evoluzione della protagonista, sempre più lanciata verso la leggenda; in questo senso, con il passare dei minuti, ecco che gli elementi da musical si fanno sempre più marcati: la musica cresce nella sua complessità, il modo di cantare di Jeanette si fa sempre più convinto. In ogni caso, non si arriverà al musical per come lo conosciamo: non è ancora il momento per scene ma-dri e coreografie spettacolari. Per quello bisogna aspettare la Storia. Non è un film "dedicato ai folli e ai sognatori”, insomma.