L’horror rappresenta da sempre un genere termometro per le cinematografie dei paesi asiatici, in passato caratterizzate da perle assolute come The Host di Bong Joon-ho oppure Dark Water del giapponese Hideo Nakata. Tanto è positiva la reazione di fronte a pellicole di tale caratura, quanto resta l’amaro in bocca nell’assistere a fragorose cadute di stile in nome del terrore su grande schermo. Questo è accaduto proprio al cospetto del tailandese Senior diretto da Wisit Sasanatieng, presentato al Far East e seguito da una lunga scia di giudizi positivi in patria.
Lo spunto (tratto da un romanzo dello stesso regista) è di sicuro interesse: la liceale orfana Mon, interpretata dall’inquietante Sa-Ard Piempongsan, trascorre le sue giornate isolata in collegio. La ragazza, costretta ai margini dalle sue compagne, nasconde uno strano potere che le permette di percepire/vedere i defunti annusando gli oggetti che toccarono in vita. La sua vita verrà completamente stravolta quando, a causa dei suoi poteri, conoscerà Senior, un fantasma determinato a scoprire i terribili fatti che stravolsero l’orfanotrofio.
Per niente supportato da un impianto grafico all’altezza, Senior è un semplice blockbuster che fin dalle prime battute dimostra tutti i propri limiti: a una sceneggiatura che procede con diversi ostacoli, si alterna un tono greve, e spesso sguaiato, tipico di un film che cerca la facile reazione del pubblico mediante i più classici stilemi del genere. Le (non del tutto) terrificanti apparizioni non sono quasi mai supportate in fase di scrittura, restando appese in un vuoto cosmico riempito a solo da una telefonata e melensa storia d’amore impossibile tra i protagonisti.
Ma ciò che rende ancor meno godibile lo spettacolo è il sistematico ricorso al colpo di scena come unico strumento caratterizzante di un (finto) horror talmente esile e inconsistente da apparire ben presto esilarante.