Stella non sa bene cosa fare della sua vita. Si prepara ad affrontare la maturità ma non le è mai piaciuto studiare. Adora ballare e da quando ha scoperto le discoteche ne è attratta irresistibilmente. I suoi genitori sono inesistenti, preoccupati solo di se stessi ma per fortuna ha un fidato gruppo di amiche su cui può contare e che l’aiuteranno ad affrontare gli esami. Scorre così la vita di Stella, adolescente parigina, obbligata a crescere troppo in fretta. Sylvie Verheyde firma con questo film la prosecuzione di Stella del 2008, la pellicola autobiografica che ripercorre la vita della stessa regista, anche sceneggiatrice, ambientato alla fine degli anni Settanta. Adesso siamo negli anni Ottanta e Stella ha 17 anni. Suo padre ha lasciato sua madre e ha fatto un figlio con un’altra donna che ha il suo stesso nome. Il bar dove la ragazzina è cresciuta viene venduto per pagare i debiti e la madre le affitta una stanza di un sottotetto per farla andare via di casa e poter vivere indisturbata con il suo amante. In una situazione familiare così disfunzionale, non si fa fatica a comprendere perché la ragazzina cerchi altrove una compensazione affettiva.
Durante il suo viaggio in Italia, nelle vacanze estive, Stella si innamora del giovane che la porta in motorino e poi si innamora ancora del ballerino di colore che furoreggia in discoteca. Si innamora dell’amore ma è incapace di costruire relazioni affettive, parla poco, non si racconta e non chiede nulla agli altri. Gli unici personaggi che sente vicini a sé sono quelli della Commedia umana di Balzac, un incrocio dove i personaggi si incontrano, si salutano e passano. Sorge spontaneo il confronto con il celebre Il tempo delle mele (di Claude Pinoteau, 1980) che ha lanciato Sophie Marceau. Anche lì un’adolescente si trova alle prese con le sue prime emozioni e le prime gelosie, ma a cambiare completamente è l’ambiente di appartenenza. Dentista il padre e illustratrice la madre, non hanno problemi economici e durante la crisi coniugale che attraversano, poi conclusa con una riconciliazione, la ragazzina è supportata dall’arzilla bisnonna complice e prodiga di consigli. Stella invece non ha nessuna figura di riferimento, anzi è lei ad aiutare la madre a sbrigare le pratiche per il negozio correggendone gli errori di ortografia. Tanto è vero che sarebbe la prima di tutta la sua famiglia a prendere il diploma.
Con lo sfondo di una bella compilation di brani musicali, la regista ci racconta il mondo di Stella con una camera che segue ininterrottamente il suo volto, il suo sguardo, i movimenti del suo corpo, ancora acerbo eppure già di donna. La macchina da presa incollata all’attrice, la bravissima Flavie Delangle, ci restituisce con intensità la sua voglia di vivere con leggerezza il presente, nella precarietà del vivere e nel disagio sociale che la circonda. E il film si conclude come era iniziato: Stella ritorna in vacanza in Italia e ritrova il suo innamorato che la porta in giro in motorino, il vento tra i capelli, le sue mani intrecciate alla vita di lui. Del doman non c’è certezza, ma probabilmente la regista ci regalerà un nuovo seguito.