Un corvo che spicca il volo, in ralenti, è l’immagine che secondo Betty Davis meglio rappresenta il lato più oscuro del suo essere, quello che l’ha portata a lasciare la musica. Moglie per breve tempo di Miles Davis, amica e forse amante di Jimi Hendrix, cantante funk essenzialmente incompresa, Betty sparì dalle scene nel 1976, con tre album all’attivo, dileguandosi nel nulla. Che fine ha fatto? Perché quell’allontanamento così netto e definitivo dal mondo della musica? Tentando di rispondere a questi interrogativi, Betty – They Say I'm Different, tra i film della sezione "Into the Groove” di Seeyousound 2018, costruisce una storia a metà strada tra un documentario e un thriller.
Phil Cox e Damon Smith, dopo averlo finanziato per mezzo di una campagna di crowdfounding, mettono quindi in piedi un edificio filmico difficile da etichettare: è un viaggio, quello che ci viene mostrato, il loro personale viaggio alla ricerca di colei che Miles definì “Madonna prima di Madonna, Prince prima di Prince”, spaziando tra il North Carolina e la Pennsylvania, entrando in contatto con i suoi parenti, amici e collaboratori. È una ricostruzione della vita artistica di Betty fatta per mezzo delle parole di chi l’ha conosciuta, attraverso interviste frontali, ma anche grazie al montaggio di vecchie fotografie. È un’ovvia immersione nella società del tempo, uno spaccato su razzismo e sessismo, sulle proteste contro la guerra del Vietnam. È la trasposizione in immagini della sua musica, attraverso videoclip in digitale. Ma, ancora, è un insieme di metaforiche immagini, una su tutte il corvo. Un uccello simbolo di oscurità, che Betty, in una sorta di audio-diario straordinariamente poetico, dice essere sempre stato dentro di sé. Un animale che rappresenta tutto ciò che di “storto” c’era e c’è nel suo profondo, da quella sensualità e indipendenza così lontane dall’immagine di quel che una donna (per giunta di colore) doveva essere, alla solitudine innata, alla depressione derivante dalla morte del padre, fino a giungere all’incapacità di cambiare per seguire i dettami del mercato, e, forse, alla perdita dei propri confini in favore del doppio-pubblico, della “nasty gal”.
Le colpe (che ce ne siano, poi, di nascoste?), del corvo. La sentenza, definitiva. Betty Davis non tornerà e coerentemente con questo, pur svelando la sua anima alle camere che la filmano, sceglie di non mostrare il volto, pur rispondendo con gioia alla telefonata di quella che fu la sua band, lascia intendere chiaramente che non ci sarà un futuro incontro. Ferma, caparbia, incorruttibile, Betty sceglie di “essere diversa”. Anche stavolta.