Kontinental '25 di Radu Jude

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Kontinental ‘25 è un dichiarato omaggio che Radu Jude dedica a Europa ‘51 e in generale al cinema di Roberto Rossellini. Anche il manifesto del film cita quello di Europa ‘51 disegnato con Eszter Tompa al posto di Ingrid Bergman, con lo stesso sguardo naif, incredulo, allucinato dalle brutture del mondo. Con Europa ‘51 (1952) Rossellini prosegue il percorso iniziato da Roma, città aperta (1945) e Germania, anno zero (1948), e a cui appartiene anche Viaggio in Italia (1954), nel tentativo di creare un cinema europeo in grado di raccontare la distruzione umana e politica causata dalla Guerra e di aprire dei sentieri tra i cumuli di macerie alla ricerca di nuovi immaginari che sappiano dare vita a una nuova Europa. Radu Jude segue i sentieri aperti da Rossellini e senza nessuna pietà, forse con un po’ di ironia, ci racconta della triste fine di quegli immaginari persi nei meandri della Società dello Spettacolo e della fine della Storia.

Cluj, Transilvania, patria del conte Dracula, ma più prosaicamente terra contesa tra Ungheria e Romania. Un senzatetto, Ion (Gabriel Spahiu), attraversa, alla ricerca di cibo, un parco pieno di dinosauri meccanici troppo chip per spaventare qualcuno; costeggia le mura originarie della città, entra nel centro, cerca di recuperare qualche soldo tra i tavolini di affollati bar e rovista tra i cestini della spazzatura. Qui viene attaccato da un cane robot tra il dileggio dei padroni del cane. A fine giornata si rifugia a dormire in uno scantinato. Il mattino successivo qualcuno bussa violentemente alla porta dello scantinato. Accompagnata da tre poliziotti-tartarughe ninjia e da un fabbro, Orsolya (Eszter Tompa), un ufficiale giudiziario di origini magiare deve eseguire l’ordine di sgombero e cacciare Ion. Un’immobiliare tedesca, Kaiserlich und Königlich, ha acquistato quell’edificio del 1600 per farci un Hotel Boutique, cioè un hotel di lusso ispirato alle boutique parigine. Ion chiede a Orsolya una mezz’ora per sistemare le sue cose e Orsolya lo lascia solo per andare a prendere un caffè con le tartarughe ninja e il fabbro. Scopriamo che Ion è stato un atleta rumeno di un certo successo, medagliato a un’edizione delle Balcaniadi a cui però la sorte è stata avversa. Quando i quattro tornano nello scantinato trovano Ion morto. Si è impiccato con un filo di ferro al termosifone. Orsolya, sconvolta dal senso di colpa, decide di non partire insieme al marito e ai due figli che andranno soli in vacanza in Grecia, e inizia un vagabondare per la città molto simile a quello di Irene Girard/Ingrid Bergman distrutta dal suicidio del figlio in Europa ‘51. A casa della madre cerca rifugio dagli attacchi dei social che le danno della “puttana magiara” che ha spinto al suicidio un valente atleta rumeno. La madre, però, è una fervente ungherese che vive il passaggio della Transilvania alla Romania come un furto e finisce per dare anche lei della puttana magiara a sua figlia integrata nella società romena. Si confronta con un’amica con l’unico risultato di esplicitare lo smarrimento di una classe intellettuale borghese che cita Brecht ma non sopporta la puzza dei barboni e allora si pulisce la coscienza donando 2 euro a Gaza, 2 euro all’Ucraina, 2 euro al campo Rom con il cellulare. Incontra per caso un suo ex studente alla Facoltà di Legge, che ora fa il runner con una scritta luminosa “eu sunt roman" sul box portavivande per distinguersi dai bengalesi, e ci passa una notte “fuori orario” che si conclude con una scopata nel parco prendendo in giro “il maschio romeno”. Decide di consigliarsi col pope della sua parrocchia e saltellando da un passo della Bibbia a uno del Vangelo i due finiscono per recitare un Padre Nostro non appena la povera Orsolya lascia trasparire qualche crepa nella sua fede.

E mentre Orsolya tenta di divincolarsi dal suo dilemma morale, Radu Jude, implacabile, con il telefonino con cui ha girato l’intero film ci racconta il paesaggio in cui Orsolya si muove. Un paesaggio definito da un centro storico ripulito, sterilizzato e gentrificato; da quartieri periferici affollati da villette monofamiliari prima e poi da palazzi costruiti in serie uno appiccicato all’altro “come fanno in Cina”, ripete ben due volta Orsolya a chi le chiede come si vive nel nuovo quartiere residenziale dove si è trasferita. Un paesaggio da cui affiorano un linguaggio politico ridotto al minimo e simboli nazionalisti e identitari molto più evidenti; un paesaggio in cui l’immaginario è la declinazione chip e postmoderna dell’hollywoodiano Jurassic Park. Un paesaggio in mano a immobiliaristi e palazzinari. Un paesaggio che è vertiginosamente lo stesso a Cluj, a Berlino, a Palermo, a Lione e Lisbona.

Se in Europa ‘51 in fondo si intravedeva, anche se non si poteva filmare, un barlume di speranza, Kontinental ‘25 quella speranza l’ha disinfettata lasciandoci persi tra tristi dinosauri meccanici.