Truck, enorme, rombante, letteralmente urlante, contro Plymouth Valiant rossa, slanciata, sportiva ma inerme di fronte al furore aggressivo dell’altro. Blue collar senza volto contro middle man senza aspettative. Spielberg esordisce col botto, con un film per la tv, allungato a 90 minuti quando si decide l’uscita in sala. Scritto da un genio della fantascienza inquietante (Richard Matheson, I Am Legend), un piccolo, tesissimo esercizio nelle psicosi americane (compresi sesso, classi e matriarcato): poche parole, molti sguardi che scrutano e cercano, inquadrature strette dell’avversario che si avvicina dallo specchietto retrovisore o dal lunotto posteriore, visioni ampie dei due mezzi che s’inseguono sulla strada che attraversa il deserto californiano. Un incubo in pieno sole e senza nessuno motivo apparente, dove l’economia viene usata in funzione della suspense.
Ancora on the road, ma questa volta le strade del Texas si fanno sempre più affollate di “cacciatori” e tifosi, tutti al seguito della giovane coppia diretta a Sugarland per appropriarsi del bambino dato in affidamento. Un Asso nella manica targato 70s (Spielberg ammirava il film di Wilder), con tutto il carrozzone dei media, lo spiegamento di auto della polizia, l’isteria collettiva del pubblico che si allinea lungo la strada, innalza cartelli e striscioni, regala palloncini, orsacchiotti, frutta, fiori. E fucili che sparano all’impazzata, mentre altre armi di precisione vengono approntate in un pericoloso silenzio. Goldie Hawn, mamma bambina, guida la corsa tirandosi dietro il marito più esitante (che ha fatto evadere dal carcere) e il poliziotto preso in ostaggio, che diventa quasi un compagno di giochi. Ben Johnson è il capitano che dirige gli inseguitori, figura paterna, ma inevitabilmente punitiva.
Incipit leggendario: una coppia di ragazzi va a fare il bagno di notte nell’oceano; lui è un po’ sbronzo; lei corre, si spoglia, si butta, nuota, figura armoniosa ripresa dal fondo delle acque blu. Ed ecco le due note della formidabile colonna sonora di John Williams, gli strattoni, le urla disperate, silenzio, acqua. Non vedremo Jaws fino alla fine del film; prima sarà solo due accordi, una grande pinna, dei barili gialli attaccati agli arpioni, una scia di sangue, dei relitti. E intanto Amity celebra l’estate e offre vittime. Più bello del romanzo di Peter Benchley da cui è tratto, molto di più di un disaster movie: una riflessione in chiave fantastica sulla perdita dell’innocenza (lo splendido racconto, sulla Orca, della fine della USS Indianapolis che aveva consegnato parti dell’Atomica poi sganciata su Hiroshima), sulla colpa, sulla paranoia Usa. Un eroe d’antan, Quint/Achab (Robert Shaw), un giovane scienziato intellettuale, Hooper (Richard Dreyfuss), un uomo comune che non crede all’eroismo e che non sa nuotare, Brody (Roy Scheider).