C’è una montagna a forma di cono troncato che appare a persone che, in diverse parti del mondo, pensano di aver visto degli Ufo. Ci sono cinque note che hanno accompagnato le visioni. Ci sono gli scomparsi, aviatori, un bambino, un cane, e chissà quanti altri. E poi c’è uno scienziato francese, Lacombe, che insieme ad altri, studia questi fenomeni nel deserto di Sonora. Forse il film di fantascienza più positivo di sempre, un canto agli alieni filiformi (disegnati da Carlo Rambaldi) che non rapiscono per dissanguare, ma per imparare e insegnare. Insieme a E.T., il film più solare dell’autore (anche se si svolge per lo più di notte, e ha scene quasi horror), forse perché gli eroi non sono di questo mondo, oppure vogliono scapparne (il protagonista Richard Dreyfuss) o sono simbolo di un perfetto universo alternativo (François Truffaut/Lacombe che dirige il “set” dell’incontro). La poesia del futuro in forma quotidiana, non divorata ma illuminata dagli effetti speciali (supervisionati da Douglas Trumbull).
Un anno dopo Animal House, college movie con accenni di demenza diretto da John Landis, Spielberg esaspera certi tratti di Sugarland Express e apre il filone demenziale con un film costosissimo, che non piacque né al pubblico né ai critici schizzinosi e seriosi. In realtà, una commedia scatenata e irresistibile, sul nostro infantilismo, sui disastri del panico collettivo, dell’ideologia, dei proclami eroici, delle rivalità etniche, della guerra, qualsiasi guerra. Ambientato a Los Angeles nel 1941, quando si sparse (per davvero) la nevrosi di un possibile attacco giapponese alla California, con generali che piangono vedendo Dumbo, un pilota (John Belushi) e altri militari che scatenano il caos, una brava famiglia isterica, un ventriloquo pazzo con il suo dummy di vedetta su una ruota panoramica, giapponesi e nazisti stupidi e una gara di ballo che anticipa la scena nella palestra di West Side Story.
Idea di George Lucas e Philip Kaufman, sceneggiatura di Lawrence Kasdan, effetti speciali della Industrial Light & Magic di Lucas: nasce così, con il cappello di Bogart nel Tesoro della Sierra Madre, una frusta, il terrore dei serpenti, Indiana Jones, professore di archeologia e avventuriero irresistibile. Spielberg se ne appropria con gusto instancabile del divertimento, gli dà temibili avversari nazisti, Thugs, sovietici, molte conquiste amorose, un padre più scapestrato di lui (Sean Connery, in L’ultima crociata), un figlio scavezzacollo (Shia LaBeouf, in Il regno del teschio di cristallo), il sense of humor sornione e sbrigativo degli eroi anni 40. Harrison Ford, post-Han Solo e pre-Rick Deckard, diventa una star mondiale. Nella tetralogia ci sono scene memorabili, inseguimenti, intrappolamenti, magie e, in Il tempio maledetto, un travolgente incipit in un night club di Shanghai, con Kate Capshaw che canta Anything Goes di Cole Porter in cinese.