The Post, il trentunesimo film di Steven Spielberg uscirà in Italia il prossimo 1 febbraio. Racconta la storia realmente accaduta di come l’editrice del "Washington Post", Kay Graham, decise nel 1971 di assecondare la volontà del suo direttore, Ben Bradlee, di pubblicare dei documenti top secret trafugati dal ministero della difesa da un analista dello staff del segretario Robert McNamara: i Pentagon Papers. Nello specifico una sorta di memorandum del coinvolgimento – e delle relative strategie politiche – del governo americano (attraverso quattro amministrazioni) nella guerra del Vietnam, dal quale emergeva che gli Usa avevano mentito ai cittadini americani circa la possibilità venire a capo di un conflitto giudicato “impossibile da vincere” già nei primi anni Sessanta. La decisione di Graham espose il quotidiano (che con il "New York Times" fu il primo a pubblicare i papers) alla reazione del governo e, per mano diretta del presidente Nixon, il "Post" e il "Times" vennero trascinati di fronte alla Corte Suprema.
Ieri a Milano dopo l’anteprima del film, c’è stata un’affollatissima conferenza stampa con il regista e i due attori protagonisti: Meryl Streep e Tom Hanks, ecco di cosa si è parlato.
Spielberg si è soffermato a lungo sull’argomento centrale del film: la libertà di stampa. Ha ricordato come Nixon nel 1971 cercò di negare alla stampa i suoi diritti, ma questo gli si ritorse contro (in quella stessa occasione ma anche e soprattutto pochi anni dopo con lo scandalo Watergate sollevato ancora dal "Post") e che anche oggi, come allora, i giornalisti sono dei veri «guardiani della democrazia». Non nomina mai Trump ma fa riferimento più volte all’«attuale amministrazione», un’amministrazione sotto la quale secondo il regista la libertà di stampa è ancora in pericolo e dove la volontà di screditare l’autorevolezza dei giornali attraverso il proliferare delle fake news è sempre più una costante. Ha poi aggiunto che negli States la stampa ha accolto molto positivamente il film anche per questi velati riferimenti al presente, mentre Tom Hanks, scherzando, ha detto che il film è piaciuto anche a quelli del "NY Times", anche se forse loro avrebbero preferito che il titolo del film fosse The New York Times.
Svicolando un po’ le domande, Spielberg ha tenuto però a dire che quello che gli interessava maggiormente nel film era la descrizione dei due protagonisti: «Per la prima volta ho messo in scena un rapporto molto complesso fra un personaggio femminile e uno maschile, ed è una cosa che non avevo mai fatto prima. Sono molto soddisfatto del risultato e devo dire di essere fortunato ad aver trovato due interpreti come Meryl e Tom, che hanno interpretato alla perfezione due personaggi così articolati». In effetti il film è soprattutto un raffinato ritratto di Kay Graham e il regista l'ha precisato dicendo di aver voluto rappresentare la forza di una donna che con grande coraggio, non solo compie una scelta difficilissima ma riesce a imporla a un mondo popolato e dominato esclusivamente da uomini.
E la questione dell’affermazione del ruolo femminile in un universo maschile e maschilista ha tenuto banco anche con gli ovvi riferimenti alla più stretta attualità. È stata soprattutto Meryl Streep a parlare di come il suo personaggio, in un momento storico come quello che viviamo, possa insegnare molto. Ha ricordato come Kay Graham sia stato un simbolo dell’emancipazione femminile in un periodo in cui la stampa e l’editoria (come quasi tutto l’establishment) erano affari prettamente maschili. «Il suo coraggio e la sua determinazione la portarono a sfidare la società americana e lo stesso Richard Nixon uscendone vincitrice – ha detto l’attrice – ed è arrivata perfino a vincere un premio Pulitzer con la pubblicazione della propria autobiografia». Riguardo l’attualità ha invece precisato: «Lo script ci è stato consegnato esattamente sei giorni prima delle ultime elezioni presidenziali. Allora sembrava che potessimo addirittura avere una donna alla Casa Bianca, ma poi sappiamo come è andata. In poco tempo è peggiorato tutto: per la stampa ma anche per i neri e per le donne. È qualcosa che fa riflettere sull’occasione che abbiamo perso e su quello che dobbiamo fare per migliorare».
Incalzata direttamente sulla questione del movimento Time’s Up, l’attrice ha poi semplicemente espresso la sua soddisfazione per il fatto che nell’ultimo periodo le donne si sentano più coraggiose e che anche fuori da Hollywood si sia iniziato a combattere una battaglia che, anche se con qualche contraddizione e alcuni problemi, diventerà sempre più grande e importante.
La chiusura – sempre restando nell’argomento – è stata però ancora di Spielberg. Il regista ha voluto esprimere la sua grande ammirazione per le donne che sin dai tempi arcaici combattono contro il maschilismo. Ha ricordato che in America le donne durante la Seconda guerra mondiale presero in mano il Paese mentre gli uomini erano a combattere in Europa ma che poi – nonostante questo – si perse l’occasione per una vera emancipazione del loro ruolo nella società. Il problema, secondo lui, sono sempre e solo gli uomini i quali non vogliono imparare ad accettare i "no" delle donne: «finalmente è arrivato il momento in cui le donne possono dire “no, dannazione, si fa come dico io” e noi le stiamo ad ascoltare».