Quest’anno il regista britannico Stephen Frears è ospite al Lucca Film Festival e Europa Cinema, durante il quale ha ricevuto il premio alla carriera e tenuto una masterclass, in cui ha raccontato il suo ultimo lavoro, Vittoria e Abdul, e parlato della sua lunga esperienza dietro la macchina da presa. L’abbiamo incontrato.
Nella sua carriera ha collezionato tanti film di finzione, ma anche, soprattutto nell'ultimo periodo, storie vere e biografie: The Queen, Philomena, The Program, Florence, Vittoria e Abdul. Che rapporto c'è tra la realtà e la realtà cinematografica?
Non c'è molta distanza: non vedo quale sia la differenza tra un film come Le relazioni pericolose e la vita quotidiana qui a Lucca. Alla fine si parla di persone ed emozioni. Così come in The Queen, in cui abbiamo riportato solo una settimana della vita della regina, sette giorni in cui è diventata umana troppo umana. In realtà non si sa mai fino a che punto ciò che racconti è del tutto vero: c’è sempre un sottile equilibrio tra verità e invenzione.
Molti dei suoi film danno una rappresentazione insolita del modo di vivere le relazioni e la sessualità, spesso molto libera. Penso a film come Le relazioni pericolose, ma anche Chéri o Tamara Drewe. Siamo noi che abbiamo una percezione sbagliata o è lei che ama la provocazione?
Non credo di essere anticonvenzionale. In realtà tutte le persone vivono delle vite straordinarie e non si può mai sapere cosa c'è dietro un matrimonio. Ed è sempre una sorpresa poi scoprire le vite vere delle persone. Io ho fatto film su donne, omosessuali, pakistani... Tutte figure di emarginati. E perciò qualcuno potrebbe dire che sono stato sovversivo. Certo, il fatto stesso che fare un film su una donna sia sovversivo la dice lunga su certi luoghi comuni duri a morire… Molti pensano che The Queen sia stato un film rivoluzionario, mentre il vero film che ha cambiato le cose è stato My Beautiful Laundrette, che nel 1985 raccontava una storia d'amore omosessuale tra un inglese e un pakistano…
Lei ha portato sullo schermo alcune tra le più grandi attrici degli ultimi tempi: Judi Dench, Helen Mirren, Meryl Streep. Non è facile, nel cinema, trovare storie raccontate dalla prospettiva di una donna, ancor più se a farlo è un regista uomo. Come ci riesce?
In realtà io faccio solo film con donne protagoniste. E non è una scelta, spesso capita così, come è successo con per Hellen Mirren in The Queen o per Judi Dench in Philomena. Giusto l'altro giorno ho rivisto Eva contro Eva: come film sulle donne, è estremamente più interessante e intelligente di qualsiasi cosa venga fatta oggi sullo stesso argomento o con la stessa modalità di cast. I film di allora avevano molto di più da dire sulla condizione di una donna di quanto non facciano adesso.
Nella sua filmografia ci sono sia film per il cinema sia diversi prodotti per la tv. Qual è, se esiste, la differenza nel lavorare per l’uno o l’altra?
La differenza fra il cinema e la televisione è che fare un film per il primo costa un sacco di soldi. La tv è più economica, e forse è una forma di capitalismo un po' meno nudo.