In fondo Irrational Man non è altro che il film (uno dei film) che Woody Allen sta girando da tutta la vita. È la storia dentro la quale stanno tutte le altre storie, e che di tutte le altre storie ci parla.
Al centro c’è un omicidio, tutt’intorno un gioco di seduzioni e tradimenti che ricorda molto del suo cinema del passato più e meno recente – come Crimini e Misfatti, Misterioso omicidio a Manhattan, Match Point, ma anche Scoop o Sogni e delitti – e che ricorda più di tutti Magic in the Moonlight, di cui è l’ideale continuazione, aggiornata e raffinata. E non solo per la presenza, in entrambi, della nuova musa Emma Stone. L’equilibrio e la limpidezza su cui si regge Irrational Man, però, paiono davvero unici e ci restituiscono uno degli migliori film alleniani di sempre.
Nell’immutabilità delle tematiche e delle situazioni narrative, emerge infatti una sorta di nuova attenzione per il racconto del particolare, non solo quello che si nasconde nelle pieghe della natura umana, come il tema del "filosofico", in maniera esplicita, vorrebbe far credere. La riflessione va a scavare al di là della forma narrativa e arriva al livello delle scelte stilistiche e formali. La storia è quella di un professore universitario di filosofia, Abe (Joaquin Phoenix), dannato e un po’ blasé, che seduce, quasi suo malgrado, la bella e giovane studentessa Jill (Emma Stone) la quale, sebbene felicemente fidanzata, non resiste al suo fascino tenebroso e autodistruttivo. La liaison dangereuse che ne nasce viene messa in crisi dal bisogno atavico di provare sensazioni forti di Abe e che lo spinge fino a progettare l’omicidio di uno sconosciuto.
Sebbene lo spunto non sia esattamente originalissimo, ciò che fa eccezione rispetto al canone alleniano è la costruzione di un personaggio, quello di Abe, che – diversamente dai suoi epigoni protagonisti dei film sopraccitati – nell’intraprendere l’idea di compiere un assassinio non cede né all’ossessione molto luterana e senz’altro smaccatamente borghese dell’utilitarismo (vedi Match Point), né all’irrimediabile bisogno di essere salvato e redento (Magic in the Moonlight). Se dapprima, infatti, Jill appare come il personaggio capace di liberare Abe dai suoi demoni, col passare del film diventa chiaro che la brillante e intraprendente allieva è in realtà l’ostacolo più ingombrate tanto ai diabolici piani del professore quanto al suo percorso di liberazione intellettuale.
Se Allen non fa altro che disseminare tracce per l’inquadramento teorico del suo film, citando in maniera un po’ ingenua frasi sul senso della vita, della morte e del libero arbitrio prese a prestito da filosofi come Kant, Kierkegaard, Sartre e Husserl, lo fa in realtà per dirci che il film parla di tutt’altro. E che la vera chiave di lettura è la lotta fra la pragmatica e la speculazione. Atteggiamenti dei quali i due protagonisti sono l’evidente incarnazione: lui per l’incapacità di guardare le cose per quelle che sono davvero e per quello che significano e lei per la concretezza che si nasconde dietro a ognuno dei suoi gesti (il fatto che sia anche un’eccellente pianista e che scelga di esercitare la più “matematica” fra tutte le arti, la dice lunga in questo senso).
Perché in fondo Irrational Man è un film sul coito interrotto, un film che pone la carnalità al centro della medi(t)azione. Un film in cui la vera contrapposizione sta fra il bisogno di un approdo alla sessualità come vero e proprio dispositivo ontologico attraverso cui l’individuo ha l’opportunità di affermarsi, e l’impossibilità di ottenerne i benefici. Se Abe è allo stesso tempo oggetto del desiderio (non solo di Jill ma anche di Rita, la docente di chimica) e, almeno in un primo tempo, impotente, Jill sulla cui perfezione fisica Allen indugia in maniera ripetuta, è soprattutto un corpo seducente ammantato di una glacialità pudica e inaccessibile (gli abiti color carne e dalle tinte neutre che indossa Emma Stone non fanno che ribadire insistentemente questo concetto). E il regista ce lo ripete in continuazione, inquadrando per quasi tutto il film i corpi del protagonisti a figura intera, spesso invitandoli a riempire lentamente lo spazio e a fondersi con esso.
Perché se come affermava Magic in the Moonlight niente è come sembra e l’illusione domina ogni tentativo di governare la realtà, Irrational Man ci dice che allora in un tale universo di senso anche le passioni più elementari, come il sesso e la morte, finiscano per somigliarsi a tal punto da confondersi l’uno nell’altra.