Baka’s Identity di Nagata Koto

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Giunto alla trentesima edizione, con una rinnovata direzione artistica, il Busan Film Festival ha cambiato anche la suddivisione delle sezioni. Alcune, come “Korean Cinema today”, “Wide angle”, “World cinema”, “Icons” e “A window on Asian cinema”, altre come “New currents” sono state rimpiazzate con formule affini (“Vision”). La novità, forse più importante, è l’introduzione di un vero e proprio concorso con film anche non in anteprima mondiale come Resurrection di Bi Gan e Girl di Shu Qi.

Uno dei film del concorso è il giapponese Baka’s identity di Nagata Koto. In una Tokyo quasi irriconoscibile, sporca, laida e notturna, seguiamo le vicende di due ragazzi, Takuya e Mamoru, entrambi figli di nessuno, espressione di una società che li ha lasciati ai margini e lì intende lasciarli. Anche quando i due, con l’aiuto di un boss della malavita (molto caricaturale), mettono a punto un complesso sistema di falsificazione di carte di identità e passaporti per persone che necessitano una nuova vita, o per altre che una vita ed un’identità non l’hanno mai avuta. Li aiuta una ragazza che adesca una serie di clienti grazie a siti di incontri per poter estorcere loro dati sensibili da rivendere. Baka’s identity è un film molto complesso, dalla narrazione contorta, che spesso si riavvolge su sé stesso come un nastro, facendo il verso a Tarantino, anche per la violenza estrema di alcune scene. Takuya è dei due, il carattere forte, il leader, quello che non teme nulla, che manipola esistenze, ma che fa vacillare anche il business delle false identità gestito dai malavitosi con cui è in contatto. Mamoru attende, invece, quello che gli viene offerto, dalla società, da Takuya, dagli altri. Come detto, Baka’s identity è tante cose, forse troppe in un solo film di quasi due ore e venti. Anche un folle road movie che tocca lo splatter (o meglio evoca alcuni film e caratteri dell’ultimo Miike), un forte atto d’accusa nei confronti della società giapponese («non ti affidare al welfare» dice Takuya a Mamoru in uno dei primi incontri). È anche un thriller notturno, affascinante e respingente allo stesso tempo, proprio per la riluttanza a portare a forma compiuta personaggi secondari, tracce narrative che si perdono. In questo senso è molto debole il personaggio della ragazza che adesca le vittime ed eccessivamente caricaturali quelli associati ad una malavita di basso cabotaggio. Ma la resilienza e il coraggio nell’affrontare tutte le possibili avversità da parte di Takuya non lasciano indifferenti, come tanti dei momenti di un film comunque non equilibrato nel suo insieme.