Se si dovesse trovare un aggettivo per definire il cinema di Serge Bozon, questa parola sarebbe dingue, ossia folle, assurdo, spostato. È ovviamente detto nel migliore delle accezioni possibili.
Già di per sé piuttosto non convenzionale come artista (è attore, regista, sceneggiatore, critico cinematografico, cinefilo di grande acume e dj dai raffinati gusti musicali), Bozon vanta una manciata di film come realizzatore tra i più originali visti negli ultimi anni (basti pensare a Mods o a Tip Top). Non fa eccezione Madame Hyde, tra le cose migliori viste a Locarno e negli ultimi tempi, ambientato in una scuola “difficile” di una banlieue francese.
Certo non è la prima volta che il cinema francese affronta la scuola della banlieue, da La schivata di Abdellatif Kechiche a La classe – Entre les murs di Laurent Cantet, ma nessuno di questi aveva mostrato la potenza dirompente della passione per il sapere, di come questa porti all’emancipazione e soprattutto a infrangere gli schemi. In fondo Madame Hyde è un grande film sull’anticonformismo, sulla possibilità di sfuggire a un destino che sembra evidente e già segnato. Ma sarebbe sbagliato vederlo come un parente, anche lontano, de L’attimo fuggente di Peter Weir, ne è piuttosto il suo ribaltamento, non meno toccante ma sicuramente privo di qualsiasi retorica e facile commozione.
Madame Géquil (inutile ribadire ancora una volta l’eccezionalità di Isabelle Huppert, presente pressoché in ogni inquadratura del film, il talento disumano, l’intelligenza fuori dal comune) è una goffa insegnate di fisica, compatita dai colleghi e oggetto di scherno degli studenti, bersaglio dei dispetti di Malick, giovane con difficoltà motorie (cammina con un deambulatore), attento soprattutto, attraverso battute e scherzi, a farsi accettare dagli altri compagni di classe, e affascinato da un gruppetto di rapper che si ritrova la notte in un campo fuori città.
Le giornate di Madame Géquil trascorrono tra i corsi scolastici, durante i quali tutti sono più o meno distratti, alcuni scambi di battute con il preside (Romain Duris, bravissimo), che ha una cura maniacale per i capelli e l’abbigliamento stravagante e “alla moda” e parla come un manager d’azienda, inframezzando ogni discorso con parole inglesi, giusto per far sembrare la sua attività più “dinamica” e “al passo coi tempi”, e il marito casalingo, che passa le giornate a comporre canzoni al pianoforte e a sbizzarrirsi in cucina, e che la ama con una devozione e una dolcezza commoventi.
Di tanto in tanto la donna va nel suo piccolo studio (una specie di container collocato a fianco di una strada con poco passaggio) e avanza con le ricerche, si prepara per le lezioni successive, fa degli esperimenti. Durante uno di questi viene colpita da una scarica elettrica e da quel momento la sua attitudine cambia. Più energica e vigorosa, inizia a farsi rispettare dagli studenti e a interessare Malick, che diventa il suo miglior allievo e avrà accesso al piccolo studio sulla strada.
Liberamente ispirato a “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Robert Louis Stevenson, Madame Hyde bilancia lo humor e la comicità di alcune situazioni con un lato più cupo e misterioso. Madame Géquil diventa Madame Hyde, un corpo incandescente che si aggira di notte in una specie di trance e brucia le persone che trova sul suo cammino. La prima vittima è uno dei rapper dai quali Malick è affascinato, che però non ricambia il suo interesse e maltratta il ragazzo. Ora si potrebbe pensare che la donna si trasformi in una sorta di giustiziere. In realtà non è così, dal momento che Bozon scompagina immediatamente le carte e, evitando qualsiasi moralismo di sorta, mostra come la potenza che, quasi suo malgrado, Madame Géquil/Madame Hyde si ritrova tra le mani è dirompente, può essere distruttrice se non incanalata e controllata, ma al tempo stesso ha una tale forza da poter “illuminare” e non solo “ardere” chi entra in contatto con lei. In maniera metaforica il fuoco, la fiamma, hanno sempre rappresentato la passione, che in questo caso si declina come passione per la conoscenza e per il sapere, per l’intelligenza. In fondo la protagonista insegna a Malick, che gli è speculare, a riflettere, e attraverso la razionalità a rompere gli schemi predefiniti. In questo Madame Hyde è opposto a L’attimo fuggente. Nel film di Peter Weir i ragazzi (tutti di buona famiglia, allievi di uno dei migliori college americani) vengono spinti dal professor Keating a rendere “straordinaria la loro vita” attraverso le poesie di Walt Whitman e Robert Herrick, William Shakespeare e John Keats. La loro ribellione alla società perbenista anni ’50 si realizza al grido di “O Capitano, mio Capitano” e “Carpe diem”. Nel film di Serge Bozon gli studenti sono tutti della banlieue, per lo più non studiano (a parte le due rappresentanti di classe che sono anche le più antipatiche e altezzose), e come ripete il padre di Malick alla protagonista, non devono essere troppo ambiziosi (pensiero condiviso anche dal preside, che pensa la classe di Madame Géquil non abbia sufficienti capacità intellettuali per fare attività “creative”, mettendo in pratica l’abilità e le conoscenze acquisite). Senza alcun romanticismo, senza i grandi slanci descritti nei versi delle poesie, e senza il sogno a occhi aperti che “tutto sia possibile basta volerlo”, la protagonista insegna ai suoi alunni, e a Malick in particolare, a affrontare in maniera realistica e razionale la realtà, utilizzando i dati a disposizione e riflettendo. Nell’ultima lezione che tiene ai ragazzi, Madame Géquil/Madame Hyde parte dalla fisica per finire con un assunto filosofico, ossia insegna a mettere in relazione diversi fattori per capire come questi abbiano interagito per ottenere un determinato risultato, ben cosciente che tutti i fattori hanno avuto il loro peso benché uno di loro sia dominante. Detto ciò cosa sarebbe accaduto se uno dei fattori fosse stato differente? Cosa sarebbe accaduto a Malick se invece di crescere nella banlieue, fosse cresciuto altrove? Cosa succederebbe se di fronte a un destino che pare più o meno segnato, Malick decidesse di intraprendere un’altra strada, di essere ambizioso e di seguire la fiamma che Madame Hyde gli ha trasmesso, pur con qualche ferita (lo stesso ragazzo è vittima del potere incendiario della donna)?
Madame Hyde è dunque uno splendido film politico e probabilmente l’unica opera a cui dovrebbe essere avvicinato è il capolavoro di Jean Vigo Zero in condotta, di cui condivide, benché in maniera differente e meno esplicita, la stessa carica eversiva, lo spirito anarcoide e una grandissima libertà espressiva.