È stato maestro nel fondere irrealtà e realtà, Borges, nel dar vita, nella sua letteratura, a forme tutte nuove di commistione tra il sogno e il mondo concreto e tangibile, rendendo l'uno indistinguibile dall'altro, l'uno parte dell'altro. Proprio da qui, da questo insegnamento, muove Severina, film di Felipe Hirsch.
La vicenda che il regista brasiliano sceglie di mettere in scena è una banale storia d'amore tra un libraio e una ladra di libri. L'evidente riferimento, e omaggio, a Borges sta tuttavia nel ammantare l'intera narrazione di una forte, predominante sensazione di irrealtà: per tutto il film lo spettatore non può fare a meno di chiedersi se Severina rubi per davvero, se lo faccia per divertimento o per la pulsione di una malattia, ma – prima e soprattutto – se esista davvero o se non sia solamente il frutto della fantasia di un libraio solitario che ha passato troppo tempo in compagnia di personaggi di romanzi.
A complicare la storia d'amore tra i due, infatti, concorrono tutta una serie di elementi dal forte sapore romanzesco, che, automaticamente, la rendono una vicenda degna di un libro: la finta morte della donna, il cadavere del padre da occultare, le false identità, il mistero che aleggia attorno alla vita di Severina, l'ipotetico triangolo con un fidanzato di cui mai si scopre l'esistenza e, infine, l'addio della ladra di libri all'amato. Non ci sono saluti, liti o valigie da preparare: la donna, semplicemente, svanisce nel nulla, come un'idea o un sogno.
«Non c'è consolazione più abile del pensiero che abbiamo scelto le nostre disgrazie» scriveva Borges, e questo semplice aforisma diventa il commento perfetto per il film di Hirsch: il libraio sceglie la sua disgrazia, sceglie di portare questa donna problematica nella propria vita, di invitarla in casa sua, di farsene carico, ma, ancora oltre, nel caso lei fosse solo fantasia, sceglie – letteralmente – di crearsi il suo danno.
Ma i rimandi che Severina fa alla letteratura vanno ben oltre la fusione tra reale e irreale. «Il libro non è un ente chiuso alla comunicazione: è una relazione, è un asse di innumerevoli relazioni» appuntava ancora Borges. E così nel film l'oggetto libro diventa ambientazione (le scene sono quasi tutte girate all'interno di librerie), merce (al posto del denaro), mezzo di comunicazione tra amici, che si trovano a filosofare su questa o quella teoria di questo o quell'autore, e tra amanti.
Non è un caso dunque che anche il messaggio finale di addio da parte di Severina sia affidato a un libro, a una pagina lasciata aperta. Romanzesca è, infine, la narrazione stessa del film: la storia è divisa in capitoli, ciascuno con un proprio titolo e un epilogo, mentre frequenti sono le vicende descritte da un narratore esterno, che commenta quanto accade, proprio come in letteratura.