Concorso Internazionale

Mrs. Fang di Wang Bing

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Inutile girarci intorno, un grande regista lo si vede da come usa la macchina da presa, da cosa sceglie di mostrare e di lasciare fuori campo.

Mrs. Fang è la storia di un’agonia, quella di una donna, nemmeno troppo anziana, 75 anni, a cui, otto anni prima è stato diagnosticato il morbo di Alzheimer. Dopo essere stata curata per lungo tempo in ospedale, risultando le cure ormai inefficaci, viene rimandata a casa presso i familiari, dove trascorrerà gli ultimi mesi della sua vita. Ridotta a un vegetale nel letto, sofferente per via delle piaghe, viene assistita dalla figlia e dal figlio, dai rispettivi coniugi, e da altri parenti e conoscenti che le fanno visita, informandosi sulle sue condizioni e tenendole compagnia, benché la donna non ne sia del tutto cosciente.

Senza alcun pietismo, l’ora e mezza del film di Wang Bing si protrae mostrando da un lato un corpo inerme, prigioniero di sé stesso, le spoglie di una persona che non è più lì, non è più lei, dall’altro la vita di chi le sta attorno, che continua nella quotidianità ripetuta.

In alcuni momenti tutte le persone nella stanza, intente a parlare, guardare la televisione (costantemente accesa, continuo brusio di sottofondo, come già accadeva in Father and Sons), raccontare dei vicini, discutere, sembrano assai poco interessati alle sorti della donna malata, che rimane tra di loro, nel letto, immobile come un suppellettile – la vediamo respirare a bocca aperta, lo sguardo fisso nel vuoto, solo alcuni cenni con la mano e il braccio, per tentare di trovare una posizione appena più comoda. In realtà nulla di tutto ciò è irrispettoso o condannabile, ma risulta essere, come sempre accade nel cinema di Wang Bing, semplicemente umano.

La vita degli altri continua. E deve continuare, col lavoro, le abitudini, e tutto il resto. Lo scandalo della sofferenza e della morte viene mostrato nella sua realtà più semplice e naturale. Si nasce, si vive, si invecchia, si continua a vivere, ci si ammala, si lotta per vivere, il corpo lotta per continuare a respirare, il cuore a battere, e poi si muore. Probabilmente meglio morire nella propria casa che in un luogo asettico e anonimo come un ospedale. Meglio morire coi figli accanto, meglio andarsene con la vita attorno. In ogni caso si muore. E in ogni modo la persona che si sta spegnendo probabilmente non è nemmeno consapevole del luogo e dei cari vicino a lei. Allora la sua agonia e la sua morte vanno a rimarcare, per chi rimane in vita, una linearità (o circolarità, dipende dal punto di vista) comune a tutti. Memento mori.

Per questo sono molto belle le sequenze in esterno, che intramezzano il film ambientato quasi esclusivamente nella stanza/casa in cui giace Mrs. Fang. Sono immagini di lavoro, sempre uguali, ripetitive, come lo sono tutte le sequenze di lavoro nel cinema di Wang Bing, si tratti di un contadino o di un pescatore. E in fondo lo scorrere dei giorni è ripetitivo, anche per chi è ancora in forze e pieno di vita. Il lavoro, gli impegni quotidiani, cadenzano le giornate, indipendentemente che si tratti di impieghi, corsi scolastici o faccende domestiche come accadeva alle tre bambine di Three Sisters.

Nel momento in cui Mrs. Fang sta per esalare l’ultimo respiro, la macchina da presa si allontana dalla donna, con grande rispetto, lasciando intravedere, sempre in campo lungo, mai in primo piano, i figli e i parenti attorno al letto, il loro dolore dignitoso, l’accettazione della perdita. Nessuna immagine tragica, nessun ricatto. Fino a quel momento Wang ha mostrato Mrs. Fang, benché malata, vivente tra i viventi. Nel momento della morte fa un passo indietro e continua a mostrare solo coloro che rimangono in vita, che è quello che dovrebbe fare il cinema, mostrare la vita e non la morte. E non perché la morte non possa essere raccontata ma perché non dovrebbe essere mostrata come atto pornografico fine a eccitare il bassoventre delle persone, o i loro condotti lacrimali.

La bellezza del film di Wang Bing sta, come sempre, nell’enorme rispetto del suo sguardo rivolto alle persone che filma e segue, e che filma nell’atto più ovvio e semplice, vivere, respirare. Con grande coerenza Mrs. Fang non termina al capezzale della donna, ma nell’acqua, su una barca, con chi è rimasto al lavoro, come ogni giorno, con la vita che, bene o male, continua.