Non necessita di alcuna introduzione da parte di Whoopi Goldberg, straordinaria prima black woman host nella storia della cerimonia degli Oscar: Whitney Houston appare sul palco del Dorothy Chandler Pavillon la sera del 21 marzo 1994 sulle note di Run to You, canzone nominata l’anno precedente tratta da La guardia del corpo. In giacca e pantalone, di bianco vestita, di vertiginosa bellezza, Whitney Houston è invitata dall’Academy a consegnare l’Oscar per la miglior canzone originale dell’anno.
Siccome nessuna canzone è presente in Schindler’s List, capolavoro pigliatutto della 66ª edizione, si può star sereni che il premio vada a un altro film. E difatti nella cinquina compaiono Philadelphia di Neil Young (da Philadelphia), A Wink and a Smile (da Insonnia d’amore), The Day I Fall in Love (da Beethoven 2), Streets of Philadelphia di Bruce Springsteen (ancora da Philadelphia) e Again di Janet Jackson (da Poetic Justice). «Uhm… The Oscar goes to Bruce Springsteen for Streets of Philadelphia from Philadelphia!».
Il teatro è in piedi, la standing ovation è immediata, il momento è ineguagliabile. Tant’è che le parole di Luca Dondoni, all’epoca cronista della diretta per l’Italia, ben riassumono all’istante il momento storico: «Ecco Springsteen, personaggio davvero importantissimo, vedete alla sinistra la sua donna, Patti Scialfa… Ecco, il Boss, solitamente contro il Sistema, solitamente contro le Istituzioni, sale su quello che è uno dei templi istituzionali americani per antonomasia, sul palco degli Oscar…».
Visibilmente emozionato, il Boss avanza verso il palco del Dorothy Chandler Pavillon tra gli applausi di Spielberg, Kim Basinger, Sir Anthony Hopkins, Sharon Stone. Bruce bacia Whitney (e Rock bacia Pop) dopodiché, con sincera umiltà, condivide il premio col collega Neil Young e ringrazia Jonathan Demme, regista musicalmente tra i più colti e interessati di sempre. Ironizza sul fatto che Streets of Philadelphia sia la sua prima canzone scritta per un film e che quindi la carriera che lo aspetta nel mondo del cinema sia ora tutta in discesa. E conclude ringraziando con lucido distacco l’Academy per averlo invitato alla festa: «… And thank you all for inviting me to your party».
La regia televisiva stacca subito su Tom Hanks seduto in platea, diretto interessato del film. Il suo labiale è di quelli che potrebbero suicidarne la carriera all’istante: «Oh come on, “a party”, that’s not “a party”». Giudicante e con l’insostenibile faccia da primo della classe, Tom Hanks rivolge l’antipatico commento alla moglie Rita Wilson dimenticando - diciamo - quel miliardo e mezzo di telespettatori sintonizzato sul suo volto. Rimane un unico grosso dispiacere (oltre al premio Oscar vinto poco dopo proprio da Tom Hanks come miglior attore dell’anno): nell’annunciare le nomination, Whitney Houston si proponeva civettuola alla platea non di elencare le canzoni bensì di cantarcele tutte.
Peccato non l’abbia fatto.
I vincitori e i nominati della 66a edizione dei premi Oscar, dal sito ufficiale dell'Academy
La clip con Whitney Houston e Bruce Springsteen, dal canale YouTube ufficiale dell'Academy