La leggendaria trasmissione di Enrico Ghezzi, Roberto Turigliatto, Fulvio Baglivi e altri, Fuori Orario – Cose (mai) viste, merita un particolare encomio per i due omaggi a Masao Adachi, regista nonché sceneggiatore per Nagisa Oshima e Koji Wakamatsu, con il quale co-dirige nel 1971 Armata Rossa. Dichiarazione della Guerra Mondiale (Sekigun-P.F.L.P: Sekai senso sengen) sul movimento in cui entrambi militano.
Quasi sconosciuto in Italia, Adachi è da considerarsi tra i maggiori esponenti del pinku-eiga, genere forte di una provocatoria commistione di sesso e violenza in cui l'accusa verso una massificante società dei consumi – le cui responsabilità si manifestano nelle turbe e nei smarrimenti delle figure maschili, e quindi del sistema patriarcale – allontana tale cinema da quello propriamente erotico.
Tali toni anticonformisti e battaglieri, nelle pellicole dell'autore giapponese si arricchiscono di inserti a colori, citazioni, scritte, elementi onirici e stranianti e un commento musicale spesso in contrappunto con le immagini. Un'opera rappresentativa del clima contestatario del tempo, al cui centro stanno i giovani e le loro relazioni, espresse prevalentemente tramite una sessualità che rivela le personalità e i limiti delle figure coinvolte, ribaltando i canonici ruoli di sesso forte e debole.
Che siano geishe, studentesse emancipate o mogli amorevoli, sono infatti le donne a portare gli uomini a una matura presa di coscienza necessaria a riconoscere la propria fragilità e infantilismo. Segnati da problemi psicologici (Zona sessuale, Sei Chitai, 1968), economici (Inferno di sogno, Hanjo mugen jigoku, 1970) o da un'arretratezza di pensiero [Gioco sessuale (Sei Yûgi, 1969), La guerriglia delle studentesse (Jogakusei gerira, 1969)], i personaggi maschili finiscono o, frustrati, con l'uccidere le rispettive controparti o ad assecondarle svogliatamente nei loro progetti.
Un discorso a parte merita invece Aborto procurato (Datai, 1966), probabilmente il più sentito e riuscito tra i lavori del cineasta. In questo film fantascientifico dai toni sociologici con inserti da documentario educativo, si offre una provocatoria riflessione attraverso la vicenda di un ginecologo che – scosso dai numerosi aborti che si trova a praticare – progetta segretamente una placenta artificiale dove far maturare l'ovulo fecondato quando desiderato dalla coppia. Qui Adachi riflette sull'individualismo come via per raggiungere gli obiettivi rivoluzionari: per ottenere i risultati preposti, l'uomo non può che allontanarsi dalla comunità, ma una volta solo diventa vulnerabile e indifeso e il suo gesto vano.
Si ritrae in tal modo una generazione priva di riferimenti edificanti, persa alla ricerca di un effimero e temporaneo benessere che renda meno dura l'esistenza, alla maniera del giovane assassino senza ragioni al centro di A.K.A. Serial Killer (Ryakushô renzoku shasatsuma, 1969). Gioventù bruciata, implosa, non per scelta ideologica, ma per un ambivalente atteggiamento di nichilistico abbandono da una parte e dall'altra di disperata resistenza, che porta all'isolamento in un ambiente sociale che fagocita tutto e tutti, mettendo all'angolo i suoi oppositori e costringendoli a una revisione delle proprie convinzioni che tanto sa di resa (Prigioniero terrorista, Yûheisha – terorisuto, 2007).
Uno sguardo disilluso non privo di amarezza sulla realtà del proprio tempo, testimone di un pensiero critico forse discutibile, ma necessario al progresso di un Paese.