Romanziere, drammaturgo, sceneggiatore Hanif Kureishi nasce a Londra il 5 dicembre 1954 da padre pakistano e madre inglese, dove si scontra in prima persona con quei problemi razziali e le incomprensioni culturali che sono il tema centrale di molti suoi lavori letterali e teatrali.
Dopo gli studi in filosofia presso l’Università di Londra e un periodo in cui, per sopravvivere, scrive racconti erotici e lavora come portiere al Royal Theater, inizia a essere apprezzato come drammaturgo. Parallelamente, comincia anche ad occuparsi di cinema e nel 1985 scrive la sua prima sceneggiatura, My Beautiful Laundrette per Stephen Frears, che ottiene la nomination al premio Oscar.
Negli Anni Novanta è stato l’autore di alcuni dei romanzi più significativi della letteratura inglese contemporanea e Nell'intimità è portato sul grande schermo dal francese Patrice Chéreau, che vince l’Orso d’oro al Festival di Berlino. Nel 1991 ha anche esordito nella regia cinematografica dirigendo il suo racconto Londra mi fa morire. Recentemente è uscito Le Week-End, distribuito da Lucky Red, da lui scritto per il regista inglese Roger Michell. E i film che l'hanno segnato sono...
Il primo film che ricordi…
Venendo dalla periferia di Londra, sono cresciuto guardando principalmente la televisione britannica, e i film che vedevo erano perlopiù commerciali. Però andavo spesso al cinema, i miei genitori ci andavano ogni settimana. Si chiamava “appuntamento serale”. La gente andava regolarmente al cinema negli Anni Cinquanta e Sessanta, specialmente le coppie. Ora facciamo film per persone che li guardano sui loro computer portatili o sugli Ipad, sul treno e in ogni tipo di situazione. Ma l’idea di andare al cinema come uscita serale è molto cambiata nel tempo. Con mio padre andavo al cinema a vedere i film che lui amava, che erano i film di guerra come Il giorno più lungo, Zulu, Lawrence d’Arabia, I cannoni di Navarone, da ragazzino ne andavo pazzo. Da adolescente invece ho iniziato a vedere film più interessanti, in una sala d’essai, e così sono riuscito a vedere tutti i film indipendenti di quel periodo.
Il film che hai amato di più da adolescente…
Ricordo di essere andato a vedere Easy Rider in un cinema di periferia alla fine degli Anni Sessanta o all’inizio dei Settanta. Era un film sui giovani dove c’era della musica contemporanea, che parlava del presente. Sembrava che parlasse proprio di noi e delle nostre vite, e avevo l'impressione che fosse molto diverso dai film a grosso budget come Lawrence d’Arabia che erano molto lontani dalle nostre esperienze. Così, quando ho visto Easy Rider con la sua musica e quella sensazione di appartenenza, ero stato molto eccitato dal vederlo.
Inoltre, ero molto attratto da ciò che vedevo alla televisione inglese, i film di Ken Loach, Dennis Potter, quelli che Stephen Frears faceva con Alan Bennett, tanto che consideravo la tv alla stessa stregua del cinema. Del resto, anche adesso la televisione è molto importante e i migliori lavori sono proprio quelli prodotti dalle televisioni inglesi e statunitensi, roba del tipo Breaking Bad e House of Cards.
Il film che ti ha cambiato la vita…
Quando iniziai a scrivere per il cinema con My Beautiful Laundrette era mia intenzione fare un film - ovviamente poi diretto in modo brillante da Stephen Frears - che fosse adatto per la televisione, ma che potesse essere proiettato anche nelle sale cinematografiche, e si potesse realizzare con un piccolo budget e in velocità, perché affrontava un tema molto controverso. È stato liberatorio per me in quanto scrittore, perché c’era poca pressione della produzione su di noi. E questo è il modo in cui abbiamo continuato a fare film, basti pensare a The Mother, Venus o Le Week-End, dove abbiamo usato ottimi attori.
Il film che quando passa in tv non riesci a smettere di guardare…
Credo che possa essere uno tra i grandi film umanistici che ho guardato più e più volte... qualcosa del tipo di Fanny e Alexander di Bergman, che ho amato tantissimo. Sembra avere un atteggiamento verso la vita che trovo ammirevole e che è ciò che intendo per film umanistico: una commedia e nello stesso tempo un film sull’amore e la sofferenza.
Il film che bisognerebbe spedire nello spazio per testimoniare la nostra esistenza…
Penso ancora a Fanny e Alexander di Bergman, che trovo un capolavoro della storia del cinema, un film dickensiano profondamente umano e commovente.
Il film che ti ha fatto innamorare del protagonista…
È davvero una buona domanda... devo confessare che si tratta di Judy Garland in Il mago di Oz. So che si tratta di un film molto popolare e di cui si è parlato fin troppo, ma quando da ragazzino ho visto quella pellicola ho davvero creduto di essermi innamorato dell’attrice.
E poi mi ricordo di Steve McQueen. Guardando i suoi film come, per esempio, La grande fuga, mi sarebbe piaciuto assomigliargli, vestire o essere alla moda come lui. E la stessa cosa ricordo di aver pensato per Marlon Brando e James Dean, altri bellissimi attori, molto virili, degli Anni Sessanta.
Il film che in qualche modo ha ispirato il tuo lavoro…
Ci sono molti libri e film, molti scrittori e artisti che hanno avuto un grande impatto su di me, ma nessuno in particolare tra gli scrittori o gli sceneggiatori ai quali mi sia ispirato. Sono stato attento a rubare dove potevo, ho rubato idee ovunque. Idee per la trama, per la struttura, per il dialogo e per i personaggi. E incoraggio i miei studenti a fare altrettanto e a rubare ovunque possano, che si tratti di un pittore, di una serie tv o di un libro che stanno leggendo, devono rubare con accortezza. Così, non posso dire che ci sia una persona, un film o uno scrittore che prediligo. Penso che per me sia una faccenda un po’ più complessa. Recentemente stavo leggendo alcuni romanzi di Maigret scritti da George Simenon e, mentre li leggevo, pensavo: “Oh Dio mio, quante idee brillanti ci sono qui che potrei usare!”.
Il film che volevi vedere da ragazzino e che ti era vietato …
Di solito guardavo i film con i miei genitori che amavano quelli dei fratelli Marx, e io adoravo qualsiasi cosa in cui ci fosse Humphrey Bogart. In realtà mio padre e mia madre non mi proibivano nulla. Molta gente però mi ha raccontato che quando da ragazzi avevano visto My Beautiful Laundrette, i loro genitori erano inorriditi dal fatto che avessero guardato quel film. Sono molto dispiaciuto di questo, ma per fortuna i miei genitori non erano così dispotici.
Il film che ti piace guardare con i tuoi figli …
L’altro giorno stavo parlando col mio figlio più giovane, di sedici anni, e gli dicevo che desideravo tanto che venisse a vedere con me Il terzo uomo. Un film che io conosco bene ma che lui non ha mai visto e mi piaceva l’idea di mostrarglielo. Un film bellissimo e strano ambientato a Vienna, uno dei miei preferiti.
Il film che ti ha procurato degli incubi…
Ho un ricordo forte degli Anni Settanta, quando eravamo giovani, prendevamo droghe e andavamo a vedere i film a Bromley (alla periferia a sud di Londra) molto tardi la sera, quando c’erano le proiezioni di mezzanotte. Prendevamo l'LSD e uscivamo per vedere film come Arancia meccanica, Woodstock, Jimi Hendrix Live Concert. In particolare Arancia meccanica ha avuto un grande effetto su di me e ancora oggi mi provoca degli incubi! Perché era davvero terrificante e sadico nella sua violenza. E anche Se…, il film di Lindsay Anderson, mi aveva scosso tantissimo e mi era sembrato veramente rivoluzionario all'epoca.
I1 film con la scena più erotica…
C’è una scena incredibilmente sexy in un film di Bertolucci, mi pare che fosse Il conformista, una scena davvero hot dove un uomo scopa una donna su un treno e ricordo che per me era stata molto erotica ed eccitante.
I1 film che ti fa venire voglia di partire per un viaggio…
Sicuramente più di uno. Penso alla Trilogia di Apu di Satyajit Ray che mi ha fatto venir voglia di partire per l’India. E poi c'è il film del regista italiano Francesco Rosi, il magnifico Cristo si è fermato a Eboli, che mi ha fatto desiderare di visitare quella zona d’Italia. Ricordo che anche Fino all’ultimo respiro mi aveva invogliato a passare più tempo a Parigi e ora ne approfitto per andarci a lungo ogni volta che posso.
(Si ringrazia Isabella D’Amico e Michael Sanderson)