Capitale de la douleur, è il titolo della raccolta di poesie di Paul Éluard citata in Alphaville, e capitale del dolore è la città descritta da Jean-Luc Godard nell'omonimo film, retta con dispotico tecnocratismo da un oscuro demiurgo dal sintomatico nome di Nosferatu-Von Braun. Girato in uno straniante bianco e nero, Alphaville, une étrange aventure de Lemmy Caution è un pastiche fra noir (Lemmy Caution è la creatura del giallista inglese Peter Cheyney, già interpretato dallo stesso Eddie Constantine) e fantascienza distopica (ed è curioso notare come più o meno nello stesso periodo François Truffaut fosse impegnato con un altro classico del genere, Fahreinheit 451). Un pastiche che Godard sa trasformare in una elegante quanto intrigante dissertazione filosofica. Protagonista femminile del film, uscito in Francia un giorno di questi di sessan'anni fa (ne parlò Enzo Natta su «Cineforum» n. 46, novembre 1965), è la fulgida Anna Karina: «Ce sont ses yeux qui la ramènent dans mes songes. Presque immobile, à l'aventure».
In Alphaville i riferimenti al Mondo nuovo di A.L. Huxley sono più che evidenti, ma mentre Huxley ambientava la sua storia in un lontano futuro, introducendo nel racconto mezzi tecnici d'anticipazione, l'astuzia di Godard consiste invece nel non fare alcuna concessione al materiale di science fiction. Nessuna invasione di marziani, nessun viaggio interplanetario: i mezzi di trasporto sono comuni Renault o Citroën, la galassia che attraversa Lemmy non è altro che un'autostrada; i robot in questione non sono metallici ma in carne e ossa, appunto per significare che sono già fra noi con le loro frasi, con i loro volti attoniti, con i loro gesti ripetuti, con·le loro voci monotone e uguali, anticipando in tal modo un futuro che è già presente.
Tutte queste notazioni sono sottolineate dalla tecnica ossessiva cara a Godard, cioè dagli inserti brutali e ripetuti di alcuni leit-motiv visivi (Emc2, la formula della relatività, lampi accecanti, passaggi al negativo, indicazioni di direzione) o sonori (il tema musicale dell'amore, le voci dei robot, i bip-bip e così via). Questi robot umani, questi uomini robotizzati, queste donne degradate al rango di oggetti, sono tutti assoggettati a un pugno di tecnici in camice bianco, essi stessi addomesticati dal “padrone”, egli stesso asservito alla “logica”. È un inferno, un inferno non molto lontano però e verso il quale stiamo correndo a tutta fretta. In questo inferno (dove per gli irrecuperabili sono state organizzate esecuzioni in massa e dove i recuperabili vengono “indottrinati” con lavaggi del cervello), in questo dominio della scienza e dell'ordine razionale la poesia è stata bandita perché antitetica con la logica meccanica di Alphaville.
«Quando siamo arrivati da New York», dice a un certo momento Natacha a Lemmy «c'era un signore con noi che scriveva delle cose così. Non so che fine abbia fatto. La gente così qui vive in quartieri maledetti. E finisce per uccidersi… Adesso so cos'è. Una volta la chiamavano “poesia”».
Riscoprendo la poesia Natacha riscopre il valore della vita. Legge Éluard: «Noi viviamo nell'oblio delle nostre metamorfosi / ma quest'eco che risuona lungo tutto il giorno / questa eco fuori del tempo, di angoscia o di carezza / siamo vicini o siamo lontani dalla nostra coscienza?».
Natacha interrompe la lettura: «Ci sono delle parole che non comprendo… “coscienza”… quasi tutti i giorni spariscono delle parole perché sono maledette. Al loro posto naturalmente vengono messe delle parole nuove che corrispondono alle nuove idee. Lo sa? Da due o tre mesi sono sparite delle parole che a me piacevano molto», «Quali parole? Questo mi interessa», chiede Lemmy, «Pettirosso, luce d'autunno, piangere, anche tenerezza».
Tutte queste parole sono pericolose ad Alphaville poiché portano ad azioni illogiche, e le azioni illogiche sono punite con la morte. «Che cosa ha fatto?», chiede Lemmy assistendo a un'esecuzione «Ha agito in maniera illogica»; «E per questo è stato condannato?», «Naturalmente. Quando è morta sua moglie si è messo a piangere». In una civiltà dominata dalle macchine non c'è posto per i sentimenti. Per questo Alphaville si disintegra quando le macchine vengono distrutte e quando i sentimenti umani hanno il sopravvento sul calcolo matematico.
«No, non ti voltare», dice Lemmy a Natacha mentre si allontanano da Alphaville. Il riferimento biblico a Sodoma e Gomorra è più che evidente. Natacha: «Ho l'impressione che tu aspetti che io ti dica qualcosa. Ma io non so che dire! Sono parole che non conosco. Non me le hanno insegnate. Aiutami!»; Lemmy: «È impossibile. Devi farcela da sola, allora sarai salva. Se non ce la farai sarai perduta come i monti di Alphaville»; Natacha: «Io… ti… amo. Io ti amo».
Quest'opera – che descrive una società in cui il progresso scientifico e la meccanizzazione hanno ormai annientato ogni segno di civiltà spirituale – conferma come Godard sia un autore che non si può ignorare. Lo si può anche non apprezzare, ma non lo si può certo liquidare in poche righe. Il discorso su cinema e non cinema non regge. È cinema tanto Ben·Hur quanto Il processo di Giovanna d'Arco di Bresson o L'anno scorso a Marienbad di Resnais. Allo stesso modo anche quello di Godard è cinema, un cinema con un linguaggio particolare, un cinema non comune che sfugge alla tradizione, sgrammaticato magari, ma pur sempre cinema. Alphaville (la sua struttura stilistica non si discosta dai precedenti lavori di Godard) accentua, a volte esaspera questo linguaggio.
Il linguaggio cinematografico di Alphaville - Il linguaggio cinematografico di Alphaville si avvicina sempre più a quello del fumetto (riscontrabile in tutti film di Godard) sia nelle inquadrature singole, sia nella tecnica del montaggio. Nell'inquadratura Godard si rifa al fumetto per quanto riguarda la scelta dei valori plastici e delle composizioni figurative:·la maschera di Constantine, rugosa e scavata, ricorda volutamente il Dick Tracy delle strip comics; la figura umana predomina nella scena ridotta all'essenziale; il gioco delle luci è marcato; l'uso del negativo (proprio come avviene nel fumetto) è usato per far risaltare la stilizzazione della figura chiara sul fondo scuro. Così per il montaggio, che si articola in quadretti e in azioni separate.
Nel fumetto il rapporto fra inquadrature successive mostra l'esistenza di una specifica sintassi, di una precisa e originale legge di successione narrativa poiché il montaggio del fumetto non tende a risolvere una serie di inquadrature immobili (come avviene nel cinema) in un ritmo continuo, ma attua una forma di continuità ideale attraverso una scelta di momenti narrativi essenziali che il lettore collega poi fra loro con l'immaginazione vedendoli nella sua mente come un racconto non frammentario, ma svolto in tutti i suoi passaggi. In Alphaville Godard usa proprio questo tipo di montaggio, questo salto di tempo fra un'inquadratura e l'altra.
Jo W. Lawrence, un critico americano, scrive che Alphaville anticipa il cinema pop art in quanto esprime un mondo concreto e assurdo, o assurdamente concreto. Natacha e Lemmy anticipano infatti il desiderio di una nuova creazione e alla fine, come Adamo ed Eva, si avventurano in un mondo nuovo per riscoprire il significato di parole proscritte, per riscrivere la Bibbia, il libro della salvezza che gli Alphabeti avevano sostituito con un vocabolario, codice razionale e unica interpretazione dei fumetti umani. Per l'umanità la speranza non è ancora morta.
Godard parla di Alphaville - «Perchè ha realizzato Alphaville», abbiamo chiesto a Godard «Come è nata in lei l'idea di questo film?»
Godard: «Perché quando prendo posto in un aereo mi sembra di salire su un razzo; perché quando osservo la gente che parte per le vacanze o per i week-end in branchi serrati, compatti e ben irregimentati, provo un senso di angoscia e di paura. Perché suppongo che un giorno la coesistenza pacifica esisterà veramente nel mondo e allora non ci sarà più motivo di opporre il “Figaro” alla “Pravda”, ma ci sarà un .pericolo infinitamente più grande che i tecnocrati faranno correre all'umanità. In quanto essi non intendono distruggere l'uomo, ma trasformarlo»
«E come avverrebbe secondo lei questa trasformazione?»
Godard: «Quando si parla con gli ingegneri dell'Ibm, questi dicono “Noi controlliamo le macchine”. Ciò è vero, ma dimenticano che le macchine danno risultati dai quali essi stessi finiscono per essere influenzati a loro insaputa, non rendendosi conto che col passar del tempo le macchine modificano la loro vita e il loro modo di pensare. Io ho molto discusso con alcuni di questi ingegneri e ciò che mi ha sempre interessato era il fatto di sapere se quando rientravano nelle loro case dopo una giornata di lavoro avevano l'impressione di trovarsi nello stesso mondo. Niente affatto! Essi dovevano entrare in una metafonica camera dii decompressione per reinserirsi nella famiglia, per riprendere i contatti familiari, per poter riabbracciare i loro figli. Tutto ciò fino al giorno in cui non saranno riusciti a trasformare anche la loro famiglia. Allora non sarà più necessario entrare nella camera di decompressione»
«E quali sarebbero le conseguenze dii quella trasformazione operata dalle macchine e quindi da tecnocrati?»
Godard: «L'esempio cui ho ora accennato, apparentemente insignificante, fa invece rabbrividire·se si pensa alla nuova condizione umana che può derivarne. Se un giorno infatti tutti gli uomini assomiglieranno a vampiri, soltanto colui che non avrà queste caratteristiche sembrerà un anormale, un pazzo pericoloso da rinchiudere. E allora in una società siffatta gli artisti verranno eliminati o costretti a portare una stella cucita sulla giacca come gli ebrei sotto il regime nazista, perché dovere dell'artista è sempre quello di mettere in guardia gli uomini dal pericolo di ogni pianificazione. In questo modo si arriverà a una società delle formiche, una società apparentemente perfetta, ma in verità mostruosa: non ci sono drammi tra·le formiche, non ci sono scioperi. A volte, anche se può sembrare un paradosso, penso che tre miliardi di anni fa vi erano degli artisti nella società delle formiche: pittori, professori,·studenti. Tutte queste “formiche intellettuali” debbono essere state eliminate e oggi le formiche sono quelle che sono.
Attualmente è con gli uomini di scienza che gli artisti hanno più affinità in quanto anche fra gli scienziati ci sono molti artisti e moltissimi uomini di cultura. Ma in seguito alle loro scoperte gli scienziati saranno eliminati (e dicendo eliminati non intendo necessariamente riferirmi all'eliminazione fisica), per paura di una loro nuova invenzione che annullerà la precedente. Nel frattempo, se gli uomini che deterranno le leve del potere non sapranno porre un limite a questa assurda massificazione della società, poco alla volta si organizzerà una resistenza: gli artisti, i poeti e tutti gli uomini liberi che credono nei valori umani saranno costretti a nascondersi e a vivere sottoterra come primi cristiani»
«La storia di Alphaville si svolge nel futuro, in un fantastico pianeta, pur tuttavia le riprese sono state effettuate nelle strade di Parigi e l'ambiente che appare sullo schermo è quello del nostro tempo. Perché?»
Godard: «Intenzionalmente ho voluto che·lo spettatore riconoscesse i Lungosenna e i Grandes Boulevards perché gli uomini di oggi vivono e anticipano il loro futuro con il loro comportamento. Nel vocabolario di Alphaville le parole che hanno un qualsiasi legame con i sentimenti umani sono scomparse. Uno speciale istituto di semantica provvede continuamente ad aggiornare, o meglio, a restrigere il vocabolario degli abitanti di Alphaville. Nessuno ricorda più il significato della parola coscienza e amore. Questo in Alphaville, ma nella vita attuale non è la stessa cosa? Ecco perché Alphaville è un film di oggi ma proettato nel futuro, o meglio nella dimensione in cui questo futuro si fa sempre più presente. Io non ho cercato di immaginare, come aveva fatto Wells per esempio, quella che sarà la società fra vent'anni: mi sono limitato a raccontare la storia di un uomo di vent'anni fa che capita nel mondo d'oggi e ne rimane disorientato, frastornato, sconvolto»
«In Alphaville lei sostiene che non può esserci amore senza libertà, e viceversa. A questo proposito qual è la sua opinione sul film Le bonheur di Agnès Varda, presentato dalla Francia al Festival di Berlino assieme ad Alphaville, film che tratta ugualmente il tema della libertà e dell'amore?»
Godard: «Per conto mio il film della Varda non è altro se non il primo film prodotto dalla società del futuro. È un film intenzionalmente privo d'amore, di gioia, di speranza, un film dell'età protoplasmica. Gli studios dove è stato girato Le bonheur saranno i primi a essere distrutti da Lemmy Caution»