In occasione dello Star Wars Day che cade il 4 maggio siamo andati in archivio a ripescare, pensate un po', la recensione uscita al momento dell'uscita in Italia proprio del primo capitolo della saga firmata da George Lucas che quest'anno compie 40 anni. Era il 1977 e su Cineforum 169 si leggeva questo scritto, indiscutibilente figlio del suo tempo e ingnaro di quello che Guerre Stellari sarebbe diventato.
Per chi invece volesse rileggere le pagine scritte sul sito sugli ultimi capitoli basta cliccare qui: Star Wars: The Force Awakens e Rogue One: A Star Wars Story.
"GUERRE STELLARI": APOLOGIA DEL MEDIOEVO PROSSIMO VENTURO di Vittorio Giacei
"Bisogna rendere felice il dodicenne che è in ciascuno di noi" George Lucas
È una costante dell'industria americana la produzione di film "fenomeno dell'anno" destinati a far epoca e costume, a battere ogni precedente record d'incassi, a far ricavare profitti senza rischio, perchè già preventivati prima della realizzazione. Dopo Il Padrino (parte I e parte Il), L'Esorcista (parte I e parte Il), Lo Squalo (in una parte sola) la politica del kolossal ha dato vita a questo Guerre Stellari (Star Wars, George Lucas, 1977) che è costato circa 9 miliardi di lire ma che ne ha già raccolti 150 nel solo mercato americano.
Anche in questo caso, un efficacissimo battage pubblicitario, integrato da quella forma pubblicitario-commerciale tipicamente statunitense costituita dal lancio di prodotti collaterali (fumetti, gadgets, dischi, posters, giocattoli) ispirati al film (di cui è stato maestro imbattuto Walt Disne) ha anticipato e poi sostenuto la pellicola. Inoltre, dal film è stato ricavato un vero e proprio romanzo, scritto (o almeno cosl è dichiarato) dallo stesso autore Lucas. Questo regista (di soli 34 anni), che in precedenza ha girato L'uomo che fuggì dal futuro (THX 1138, 1971) e American Graffiti (id., 1973 - ved. Cineforum n. 133), ha ideato, scritto, prodotto e diretto il film che lo ha reso celebre di colpo in tutto il mondo e lo ha fatto diventare uno dei cineasti più ricchi (avendo egli, in qualità di produttore, diritto al 40% del ricavato del film), ma Guerre Stellari ha ben poco a che vedere con la "politique des auteurs", bensì presenta tutte le caratteristiche della confezione industriale collettiva, frutto dei più sofisticati criteri imprenditoriali del capitalismo avanzato.
Dietro a Lucas infatti vi è il meglio delle capacità tecniche e professionali dell'industria cinematografica statunitense; in modo da ottenere, per ogni idea filmica, la più stupefacente e riuscita. Questa particolarità la si ritrova, inevitabilmente, nello stesso sviluppo narrativo dell'opera, che si presenta infatti come un ricco mélange dei diversi stereotipi, dall'avventura per minorenni al western, all'epopea eroica, al racconto di science-fiction, alla favola avveniristica, alla storia di cappa e spada. Al principio della realizzazione collettiva deve corrispondere quello della fruizione collettiva: tutti gli spettatori, a prescindere dalla composizione di classe, quale che sia la loro età o sensibilità, il loro livello culturale o il loro gusto specifico, devono potersi ritrovare nel racconto, uniti nella riscoperta di un patrimonio collettivo inconscio.
UNA COMPLESSA SEMPLICITÀ
Per raggiungere questo obiettivo, finalizzato al ricavo del massimo profitto, si rende necessaria una struttura narrativa complessa che, apparendo semplice ed elementare, in realtà raccolga diverse possibilità interpretative. Una elaborazione intellettuale di questo tipo, indubbiamente presente in Guerre Stellari, come lo era, ad es. in Lo Squalo, (ved. Cineforum n. 151) merita di essere analizzata, e non sbrigativamente trattata, in sede critica, per evitare di lasciar scoperto quel settore della comunicazione per immagini destinato ad un consumo di massa, che solitamente non rientra negli interessi della critica cinematografica.
Guerre Stellari è un film che dichiara apertamente (fln troppo apertamente) di voler essere un ritorno all'infanzia del cinema, ·quando questo era fantasia, sogno, meraviglia, stupore, magia. Esso fa dunque abilmente ricorso alla componente infantile presente in ogni uomo e alla sua esigenza ludica repressa dalla società del lavoro e del bisogno, richiamandosi al desiderio, cioè a quella lettura particolare del fenomeno filmico che ha trovato la sua grande affermazione nella manifestazione della Basilica di Massenzio, una manifestazione che - per inciso - non può diventare soltanto l'oggetto di diatribe personalistiche tra professori e titolari di rubriche ma che deve indurci a riconsiderare, nel cinema testo e contesto, comunicazione iconica e fascinazione collettiva.
Guerre Stellari, fedele in questo alla grande tradizione del cinema americano che vuole qualunque opera ambigua e polisensa, non è però soltanto un oggetto del desiderio, nè tanto meno un puro meccanismo di ingenuo divertimento, bensì reca, tra le pieghe del proprio voler essere tutto questo, un significato altro. Inutile chiedersi se ciò risponada al semplice intendimento economico, come si sottolineava prima, o sia del tutto casuale, oppure ancora appertenga ad un discorso dell'autore: ciò che conta è verificarne senso e natura, al fine di stabilire se esso possa far iscrivere l'opera all'interno del processo dell'organizzazione del consenso a cui il cinema americano, come grande mezzo di comunicazione di massa, si è sempre prestato Senza, per questo, togliere nulla al valore del film m quanto meccanismo spettacolare (si pensi solo alla emozionante battaglia finale o alla eccezionale sequenza della taverna frequentata da implacabili "mostri" di ogni tipo e fattezza) e alle capacità di Lucas, che si riconferma regista di polso e di notevole inventiva.
PERSONAGGI - TIPO
La trama è nota, ed è ben sintetizzata nella presentazione del romanzo: "Un'altra era. Un'altra galassia. La bella principessa Leia è prigioniera del Pianeta della Morte: un satellite artificiale che vaga nello spazio distruggendo con scariche di energia i pianeti ribelli. Uomini e robot partono decisi a liberare la principessa prigioniera e a distruggere definitivamente l'inespugnabile pianeta per ridare pace e libertà all'universo". Altrettanto chiari i ruoli dei personaggi-tipo così come vengono descritti, sempre in prefazione al romanzo, nel "Chi è" di Guerre Stellari:
Luke Skywalker - Vent'anni. Aiutante nella fattoria dello zio, sogna di lasciare il pianeta Tatooine. Avendo captato per caso l'S.O.S. della principessa Leia, cerca di liberarla.
Ben (Ohi-Wan) Kenobe - Cavaliere dell'ordine di Jedi, il suo nome era una volta conosciuto e rispettato nella galassia. Dopo la dittatura dell'Impero, si nasconde nelle montagne di Tatooine. Nonostante l'età rappresenta sempre una minaccia per i suoi nemici. È l'ultimo detentore della 'Forza".
Han Solo - Mercenario dello spazio, si guadagna da vivere facendo il contrabbando sul Millennium Falcon. Accetta anche di prendere clandestini.
Chewbacca - Uomo scimmia del pianeta Wookie. Centenario, copilota del Millennium Falcon, e compagno taciturno di Han Solo. Si esprime solo a grugniti.
See Threepio (C 3 PO) - Umanoide dorato fa da interprete tra i robot e gli abitanti della galassia.
Artoo-Detoo (R 2 - D 2) - Piccolo robot in forma d'idrante. La memoria gli permette di risolvere i problemi più complessi. Si esprime in lingua cibernetica, incomprensibile agli umani.
Lord Darth Vader - Incarna lo spirito del male. Esecutore n. l dell'Impero. Sempre vestito di nero, si serve di poteri sovrannaturali per torturare e annientare i ribelli.
Grand Moff Tarkin - Governatore, sogna di diventare imperatore. L'ambizione politica lo spinge a domare al più presto la ribellione grazie alla sua arma suprema, il Pianeta della morte, un satellite artificiale capace di distruggere un piane-ta in meno di cinque secondi.
Principessa Laia Organa - Senatore del Pianeta Alderaan in missione diplomatica nella galassia, la giovane principessa si serve della sua posizione per informazioni segrete sull'Impero. Il suo scopo: aiutare i ribelli e battere i tiranni.
Jawa - Gnomi incappucciati, furtivi e paurosi. Vendono robot d'occasione sul Pianeta Tatooine.
Uomini di sabbia - Mummie con la testa irta di tubi. Nomadi, vivono nel deserto saccheggiando i viaggiatori imprudenti.
Soldati dell'Impero - Robot d'urto protetti da una corazza bianca plastificata.
LE TRAPPOLE DELLA FIABA
La struttura, nella semplificazione dei valori che caratterizza i fatti e i personaggi, è quella della fiaba, in cui si contrappongono o, in un tempo e in uno spazio non precisati e lontani quel tanto di anni-luce sufficiente a rendere tutto accettabile per "eccesso di futuro", il Bene e il Male, aprioristicamente definiti e mai sottoposti e verifica. Nell'universo delle certezze rassicuranti l'itinerario costante è dato dallo stato di pericolo del Bene (la principessa rapita), dalla lotta dei suoi amici con i malvagi di turno, dallo scontro finale e dalla vittoria del Bene che schiude per il futuro orizzonti di lunga pace e di stabilità sociale. La situazione è denotata da una forte dose di ambiguità poichè gli sviluppi apparentemente celano in realtà la trasmissione di valori reazionari. Il segreto dell'operazione consiste appunto in questa ambiguità che rende conciliabili apposti valori ideologici.
La Principessa Leila si presenta come il simbolo della democrazia, mentre Lord Darth Vader e Grand Moff Tarkin sono l'espressione della bieca tirannide. Il bianco vestito della fanciulla, contrapposto al truce armamentario dei soldati-robot che richiama alla mente le divise dei cavalieri teutonici dell'Alexander Newskj di Ejsenstein dietro i quali il grande regista sovietico aveva voluto raffigurare il volto feroce del nazismo, indica anche figurativamente questa antitesi. Il personaggio di Solo poi, di sapore cosi schiettamente libertario-individualistico, nel suo atteggiamento amorale da spavaldo cowboy dello spazio, permette al film di non rinchiudersi in un moralistico politico senza prospettive.
La figura a cui invece è affidata la trasmissione degli ideali reazionari è quella del vecchio cavaliere di Jedi Ben Kenobi, una sorta di gentile samurai dai magici poteri mentali che, dopo essere sceso in lizza ed aver combattuto con il traditore Lord Darth Vader, un nobile cavaliere di Jedi anch'egli ma decaduto, come Luctfero, ad angelo del Male, dà l'investitura al giovane Luke Skywalker affinchè questi "passeggi nel cielo" (come dice esplicitamente il suo nome) in guisa di novello cavaliere errante in difesa della giustizia e della pace.
ELOGIO DELLA CRIPTOCRAZIA
Dietro ai rimandi espliciti al mondo dei fumetti di Alex Raymond (il quale ambientava già le sue avventure spaziali in un'atmosfera tra l'avveniristico e il feudale), ai personaggi di Flash Gordon di Buck Rogers e di Jeff Hawke; dietro alle eroiche imprese alla Superman, e perfino alla James Bond, dietro ai gadgets avveniristici e alle battaglie stellari da flippers e ai personaggi delle favole come il mago Oz, Peter Pan, e Biancaneve, emerge cosi un altro mondo, quello medioevale (naturalmente nell'immagine dominante e più superficiale che si ha di questo periodo storico) con i suoi ordini templari, principi azzurri e principesse perseguitate, con i suoi miti e le sue leggende, dal Santo Graal alla Tavola rotonda, con i suoi valorosi eroi Lohengrin, Lancillotto, con i suoi duelli, combattimenti, gesta e tenzoni, e con i suoi valori, dalla concezione gerarchica della società all'ideale cavalleresco, alla nobiltà per elezione, alla sacralità del potere, alle sette e agli ordini ai quali è riconosciuta l'"auctoritas" di vegliare sulla pace sociale
È questa una concezione politico-filosofica che ha le sue più illustri radici nel Platone de La Repubblica e che si ritrova poi nella cultura irrazionalista di destra, dal filone esoterico della rivista "Planète", al misticismo occulto dei Pauwels e Bergier de Il mattino dei maghi, dal Tolkien de Il Signore degli Anelli fino a Julius Evola, ispiratore del partito di Almirante e di Rauti. È l'elogio della criptocrazia, cioè del potere riconosciuto ad una casta segreta di sapienti-militari di governare la società su basi rigidamente gerarchiche ed autocratiche e con principi spirituali assolutamente immutabili. Per l'affermazione di una simile concezione, spiritualista e irrazionalista, è necessario negare storia e ragione, il che puntualmente avviene nel film, ambientato in un'epoca extratemporale che al di là dei macchinari avveniristici, potrebbe ugualmente essere il futuro, come il passato o il presente, e che vede la vittoria finale di Luke, chiamato al comando con un semplice passaggio dal vecchio al nuovo senza soluzione di continuttà attraverso la consegna della spada-laser (la spada è il principale emblema della sovranità) simbolo fin troppo evidente della volontà di saldare il passato della tradizione con il futuro della tecnologia, grazie al proprio istinto, seguendo appunto non le leggi della ragione ma quelle della "Forza", cioè della spinta irrazionale. "Devi - insegna Ben Kenobi a Luke - seguendo le tue sensazioni, non i tuoi ragionamenti. Devi abbandonare la ragione". Paventando nel film questo pericolo, Tullio Kezich ha scritto molto giustamente: "Va bene tornare dodicenni, ma non in divisa da balilla".
LA CULLA INTELLE'ITUALE DEL FASCISMO
Dietro alla "maraviglia" dell'invenzione fantascientifica, alla eccezionalità degli iperbolici effetti, all'entusiasmo della novità tecnologica che prende lo spettatore in un ritmo sempre più frenetico di avvenimenti, di scontri, di battaglie mortali ma figurativamente incruente per renderle puro spettacolo, si ha dunque un recupero di valori legati allo spiritualismo esoterico e paranormale che hanno da sempre costituito la culla intellettuale del fascismo. Il fatto che questi rimandi possano anche essere occasionali od inconsci, non esime certo dall'opportunità di rilevarli. Con Guerre Stellari, come ha ben sottolineato Ugo Casiraghi, "si entra nel futuro per le vie del passato" e la massa di dati e elementi scientifici non costituiscono problema di sorta nel contesto di questa svagata e cosi ben avventura galattica, contrariamente a quanto avvemva in 2001: Odissea dello spazio di Stanley Kubrick dove la fantascienza era il mezzo per una riflessione sui destini dell'uomo e sui suoi rapporti con la macchina. Se in questo rifarsi ad alcuni valori medioevali è significativamente assente l'accenno alla fede religiosa (mentre è presente il misticismo della "Forza") e all'idea di morte (cosi presente invece nella cultura del Medioevo) è altrettanto omessa ogni preoccupazione legata ai problemi della scienza, altra grande nemica dell'irrazionalismo, cosi che la stessa vita degli uomini, in relazione a quella dei robot, lungi dall'aprirsi a quella poetica considerazione che si ritrovava va nel film di David Trumbull Silent Running (2002: la seconda Odissea, che ha in comune con Guerre Stellari l'operatore, John Dykstra) si risolve nell'illustrazione di una condizione sociale gerarchica all'interno della quale la "classe" dei robot assume i connotati di una nuova "servitù della gleba", il che è tanto più pericoloso se si pensa al fatto che essi sono totalmente umanizzati.
Attraverso questa negazione della storia, della ragione, della scienza e il disinvolto quanto superficiale utilizzo di alcune concezioni dell'epoca medioevale, con al centro l'esaltazione di una "forza" istintuale (simile, anche se non identica, al concetto cristiano di grazia), patrimonio occulto di pochi eletti in grado di utilizzarla per risolvere i problemi dt tutta l'umanità in pericolo, il capitale cinematografico si sta preparando in anticipo, alla svolta del secondo millennio. Guerre Stellari, apologia del medioevo prossimo venturo in chiave ottimistica e prodotto ben più abile e raffinato tra quelli fino ad oggi realizzati nel costddetto filone "catastrofico", vuoi recuperare in positivo la paura collettiva del disastro finale.
Per concludere con un paradosso a cui ci spinge l'involontaria ironia che deriva da tutta l'operazione, quel tipo di giudizio universale "laico" in cui si concedono ai buoni croci di cavaliere e ai malvagi si lascia la scappatoia perchè il film possa avere anch'esso la sua meritata II parte, non ci rende più tranquilli di quanto non avvenga al pensiero del "dies irae" tradizionale, dispensatore di paradisi e di inferni. Al contraio. L'uno avviene nell'aldilà, l'altro potrebbe capitarci nell'aldiquà.